AFFIDAMENTO SUPER ESCLUSIVO E BIGENITORIALITA’: IL PRINCIPIO GUIDA E’ IL SUPERIORE INTERESSE DEL MINORE
14/01/2024L’INSTAURAZIONE DI UNA CONVIVENZA DI FATTO DA PARTE DEL CONIUGE BENEFICIARIO DELL’ASSEGNO PUO’ FAR VENIRE MENO IL RELATIVO DIRITTO
24/01/2024Cosa succede se si è versato un assegno di mantenimento non spettante al coniuge? E’ possibile o meno vedersi rimborsati i ratei mensilmente versati?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31635/2023, ha stabilito che se l’assegno di mantenimento versato dall’obbligato risulta accertato come non spettante sin dal momento della condanna al suo versamento e non in quanto i presupposti per la sua corresponsione siano venuti successivamente meno, esso va restituito.
Il principio fondante secondo la Suprema Corte è dato dalla regola generale dell’art. 2033 c.c., il quale in punto ad indebito oggettivo sancisce che “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto a ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”.
Rifacendosi alla pronuncia a Sezione Unite n. 32914/2022, anche nel 2023 la Corte riafferma che “ove con la sentenza venga escluso in radice e “ab origine” (non per fatti sopravvenuti) il presupposto del diritto al mantenimento, separativo o divorzile, per la mancanza di uno “stato di bisogno” del soggetto richiedente (inteso, nell’accezione più propria dell’assegno di mantenimento o di divorzio, come mancanza di redditi adeguati)…. non vi sono ragioni per escludere l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell’art. 2033 c.c. (con conseguente piena ripetibilità)“.
Nella fattispecie esaminata, già il Presidente in sede di ordinanza di emissione dei provvedimenti provvisori ed urgenti aveva rilevato l’insussistenza dei citati requisiti in capo alla moglie, quindi e a prescindere dal fatto che quest’ultima avesse agito con mala fede o colpa grave, la Corte ribadiva in sede di legittimità la piena ripetibilità da parte del marito delle somme versate a tale titolo a seguito del definitivo riconoscimento dell’originaria insussistenza dei presupposti per il percepimento di tale assegno in capo alla consorte.
Precisano tuttavia le Sezioni Unite che la “condictio indebiti” non opera, e l’assegno è da ritenersi irripetibile, oltre che nei casi di modifica successiva delle condizioni, in due casi:
– se viene fatta, in punto di “an debeatur” quindi di esame delle condizioni per l’erogazione del contributo, una rivalutazione delle condizioni originarie del solo soggetto obbligato alla prestazione;
– se viene effettuata, sotto il profilo della entità della prestazione, una revisione al ribasso della stessa di modesta entità e in caso si tratti di assegni di misura non elevata, applicandosi in tali casi il principio di solidarietà post-familiare e quello, di esperienza pratica, secondo cui si presume che tali somme di danaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto beneficiario.
Tali limitati temperamenti al principio di piena ripetibilità sopra enucleato risultano operati per ragioni equitative e trovano ragion d’essere e si basano sui principi costituzionali di solidarietà umana e familiare (artt. 2 e 9), quindi anche in caso di crisi della famiglia, sulla base del presupposto che tali somme siano state verosimilmente consumate per fare fronte alle normali necessità di vita del beneficiario che le ha percepite (vedasi art. 438 comma 2 c.c.).
Si è voluto con essi operare un necessario bilanciamento tra l’esigenza di legalità e prevedibilità delle pronunce e l’esigenza solidaristica di tutela di colui che sia stato ritenuto “soggetto debole” all’interno del rapporto famigliare.
Infatti anche in materia di assegni di mantenimento dei figli è esclusa la ripetibilità della prestazione economica eseguita dall’obbligato, in quanto, tale assegno, al pari di quello alimentare (gli è infatti riconosciuta la natura para-alimentare), risulta necessario, e si intende consumato, per sopperire ai bisogni di vita del minore o maggiorenne non autosufficiente.