CHI E’ TENUTO AL MANTENIMENTO DEI FIGLI SE UNO DEI DUE GENITORI E’ INADEMPIENTE
18/02/2024IL COMODATO DELLA CASA FAMILIARE
03/03/2024Cosa si intende giuridicamente per casa familiare o coniugale? A chi spetta e quando la si può assegnare in godimento esclusivo in sede di separazione? Fino a quando spetta tale godimento esclusivo e cosa fa venire meno tale diritto? Che conseguenze ha la sua revoca sul piano giuridico?
La casa familiare è l’immobile che costituisce il centro stabile degli affetti di una determinata famiglia nucleare, quella dove i figli sono nati e/o cresciuti e hanno instaurato le loro consuetudini di vita insieme ai genitori.
E’ alla tutela della prole minorenne o anche maggiorenne ma non ancora autosufficiente che sono mirate le norme che disciplinano tale attribuzione, quando i coniugi – che vengono con la separazione formalmente autorizzati a vivere separati – richiedano entrambi in via esclusiva l’attribuzione in godimento del bene immobile che funge da residenza della famiglia.
Infatti il diritto personale di godimento esclusivo dell’immobile adibito a casa coniugale è attribuito all’uno o all’altro coniuge (a prescindere dalla titolarità di tale bene in capo all’assegnatario) in ragione del fatto che i figli rimangano collocati al suo interno, unitamente al coniuge suo assegnatario, che sarà il genitore ritenuto dal tribunale più idoneo a con loro convivervi.
Il diritto di proprietà è un elemento che viene tenuto in considerazione, ma non è determinante, nella scelta del destinatario di tale attribuzione, il quale potrebbe anche non avere alcun diritto di proprietà su tale bene.
L’articolo del codice civile che si occupa dell’assegnazione della casa familiare e che ne individua i presupposti è l’art. 337 sexies c.c. il quale recita che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.
Specifica che di tale “assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori” appunto considerato l’eventuale titolo di proprietà.
“Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva mora uxorio” ossia abbia una convivenza di fatto “o contragga nuovo matrimonio”.
Altro motivo per cui viene meno il diritto alla assegnazione è la perdita di interesse della prole in relazione a quella casa, o perché i figli si trasferiscano stabilmente altrove o perché raggiungano l’autosufficienza economica.
In tutti i casi elencati, tuttavia, non è sufficiente che la/e circostanza/e di fatto si verifichi/no perché l’assegnazione venga meno, ma occorre una pronuncia del Tribunale che – accertate le nuove condizioni che hanno provocato il venir meno dei presupposti della precedente pronuncia – ne dispongano la revoca in sede giudiziale.
I coniugi possono richiedere quest’ultima in accordo se convengono sul fatto che i presupposti dell’assegnazione siano venuti a cessare oppure – in difetto e in via contenziosa – formuleranno le reciproche istanze di conferma o revoca del provvedimento, sul quale il Collegio deciderà. In quella sede, sarà contestualmente rivisto e se del caso modificato anche l’assetto economico-patrimoniale fino a quel momento esistente fra i coniugi, posto che se per le pronunce in materia si tiene conto dell’assegnazione, altrettanto avverrà in caso di revoca, dovendosi mantenere inalterato l’equilibrio relativo all’assetto precedente creatosi fra i coniugi.
Conseguenza della revoca è che il diritto di proprietà dell’altro coniuge, composto dalle facoltà di godere e di disporre della casa coniugale – che erano limitate dalla assegnazione – da quel momento tornano ad espandersi.
Quanto alla facoltà di disposizione, essa risultava compressa in quanto la pronuncia di assegnazione risultava opponibile dall’assegnatario a terzi potenziali acquirenti (anche per un periodo oltre i nove anni, se trascritto).
Quanto alla facoltà di godimento, concesso in via esclusiva all’assegnatario, l’altro coniuge ne era risultato necessariamente privato, anche se frattanto gravavano in toto sull’assegnatario gli oneri e le spese connesse alla manutenzione ordinaria dell’immobile assegnato nel periodo della assegnazione.
In conseguenza della piena espansione del diritto di proprietà sull’immobile che era stato assegnato, per causa della revoca, il coniuge proprietario potrà richiedere all’altro ex assegnatario, ove totalmente privo di diritti di proprietà sull’immobile, di rilasciare il bene, anche forzatamente in caso si opponesse.
Al coniuge ex assegnatario, che sia invece anche comproprietario con l’altro coniuge – se rimarrà all’interno dell’immobile – potrà invece essere richiesto, dal momento della revoca in poi, di remunerare la privazione del godimento imposta all’altro coniuge (e non più fondata sul revocato provvedimento di assegnazione) attraverso la dovuta corresponsione in di lui favore della somma – parificata al canone di locazione in ragione della di lui quota di proprietà – che sarebbe dallo stesso percepibile locando l’immobile sul piano commerciale.