ASSEGNO DIVORZILE ALL’EX CONIUGE: QUANDO LA NUOVA CONVIVENZA DEL BENEFICIARIO NE CONSENTE LA REVISIONE
19/05/2024LO SCIOGLIMENTO DEL REGIME LEGALE DI COMUNIONE DEI BENI
26/05/2024Quando sorge il diritto dell’ex coniuge divorziato a percepire una quota del TFR dell’ex coniuge? In che limiti gli spetta tale contributo? Come viene quantificato? Per quali motivi lo può perdere?
Il diritto diviene attuale se e quando l’indennità risulti già maturata al momento o dopo la proposizione della domanda di divorzio contenente richiesta di attribuzione di assegno divorzile periodico.
La domanda di una quota percentuale sul TFR maturato può già essere proposta contestualmente alla istanza di assegno ex art. 5 l. 898/70, così come può essere avanzata successivamente ponendola a supporto di una domanda di revisione delle condizioni di divorzio.
Infatti ai sensi dell’art. 12 l. 898/70 il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio ha diritto, se non sia passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno divorzile periodico ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se tale indennità viene a maturare dopo la sentenza.
La percentuale di tale indennità viene precisata dal secondo comma dell’articolo 12 in una somma pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
E‘ titolare dell’assegno divorzile il coniuge che se lo sia visto riconoscere dal Tribunale.
I presupposti per avere diritto all’attribuzione di una quota del TFR dell’ex come calcolata in quota percentuale sono:
– essere divorziato;
– non essersi successivamente risposato;
– essere percettori di assegno divorzile periodico (l’aver percepito un’attribuzione una tantum avente titolo nel divorzio non dà diritto ad ottenere la quota di TFR ai sensi dell’art. 12 l. div.).
La quota del quaranta per cento è riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio in quanto la finalità della quota del TFR è perequativo-compensativa dell’apporto del coniuge di cui il beneficiario del trattamento ha potuto usufruire in costanza di rapporto di lavoro (la maturazione non è preclusa dalla sospensione di taluni diritti che si verifica nel periodo della separazione, il quale quindi si computa).
La sentenza della Corte di Cassazione n. 15299/2007 ha specificamente definito i criteri di calcolo di detto assegno così dettagliandoli: “l’indennità dovuta deve computarsi calcolando il 40% dell’indennità totale percepita alla fine del rapporto di lavoro, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro coincise con il rapporto matrimoniale: risultato che si ottiene dividendo l’indennità percepita per il numero di anni in cui è durato il rapporto di lavoro, moltiplicando il risultato per il numero degli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il rapporto di matrimonio e calcolando il 40% su tale importo”.
E’ opportuno approfondire quali indennità spettino sulla base del disposto dell’art. 12 l. n. 898/70, cioè tutte quelle enucleabili sulla base della ratio perequativo-comparativa dell’istituto.
L’istituto si applica a quelle indennità, comunque denominate, che maturano alla data di cessazione del rapporto lavorativo e che sono determinate in misura proporzionale alla durata del rapporto di lavoro e all’entità della retribuzione corrisposta, qualificandosi come quota differita della retribuzione condizionata sospensivamente nella riscossione dalla risoluzione del rapporto di lavoro.
Al fine di stabilire se una determinata attribuzione in favore del lavoratore rientri o meno fra le indennità di fine rapporto contemplate dalla legge sul divorzio non è nemmeno determinante il carattere strettamente o prevalentemente retributivo della stessa, essendo decisivo, piuttosto, il correlarsi dell’attribuzione – fermi, ovviamente, gli altri presupposti stabiliti dalla legge – all’incremento patrimoniale prodotto, nel corso del rapporto, dal lavoro del coniuge che si è giovato del contributo indiretto dell’altro.
Rimangono invece escluse tutte quelle indennità supportate da altre ratio, ad es. quella di previdenza complementare, prevista da l. speciale, posta alla base dell’indennità di cessazione dell’attività notarile.