LO SCIOGLIMENTO DEL REGIME LEGALE DI COMUNIONE DEI BENI
26/05/2024L’OBBLIGO DI MANTENERE I FIGLI MAGGIORENNI: IL NUOVO PRINCIPIO DI AUTO-RESPONSABILITA’ DEL FIGLIO ADULTO
30/05/2024Analizziamo il caso in cui dopo una causa di divorzio che abbia previsto la corresponsione di un assegno divorzile all’ex coniuge avente diritto, quest’ultimo risulti destinatario di un lascito ereditario idoneo ad incidere sul pregresso assetto patrimoniale tra i coniugi, disequilibrandolo.
L’assegno di cui il beneficiario è percettore gli spetterà ancora per il prosieguo oppure l’incremento economico-patrimoniale ricevuto posteriormente costituisce nuovo accadimento atto a determinare la revoca/riduzione dell’attribuzione mensile periodica riconosciutagli ai sensi dell’art. 5 l. 898/70?
La giurisprudenza recente della Suprema Corte si è pronunciata sulla legittimità di una revoca di tale assegno e sulla conseguente intervenuta modifica delle condizioni esistenti fra gli ex coniugi domandata ai sensi dell’art. 9 l. n. 898/70 rilevando in tale eredità un consistente incremento patrimoniale sopravvenuto (v. sentenza della Cass. Civ. 2 luglio 2021 n. 18777 nella cui fattispecie l’eredità ricevuta era pari nel quantum a circa 20 anni di assegno divorzile nella misura riconosciuta).
Il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità pare orientato a valutare in maniera sempre più consistente e nel complesso la situazione oggettiva dell’ex coniuge beneficiario all’assegno divorzile valutando l’incidenza di tutti i fatti sopravvenuti e comprovati sul complessivo assetto patrimoniale valutato in sede di giudizio di divorzio.
Il tenore di vita matrimoniale ha perso di centralità a favore dell’accertamento di uno squilibrio economico patrimoniale tra le parti, il quale ora costituisce il presupposto necessario per l’accertamento del diritto e il conseguente eventuale riconoscimento dell’assegno divorzile (v. Cass Civ. n. 3464/2022).
Un rilievo autonomo assume ora l’autonomia del singolo, la quale qualora sussista e non sia da compensare ex post per il difetto apporto paritario dell’altro in corso di convivenza o perequare in quanto l’altro risulti economicamente e patrimonialmente molto più abbiente, fa perdere di centralità il rilievo della passata convivenza matrimoniale.
La ratio del nuovo orientamento è quella di evitare che il coniuge destinatario dell’assegno possa continuare a godere di tale beneficio qualora non ne abbia più la necessità e sia autonomamente in grado di mantenersi date le circostanze, anche sopravvenute quali, donazioni, eredità o lasciti di altro genere.
Per converso pare evidente che ove l’eredità percepita dal beneficiario dopo il divorzio sia esigua e non intacchi in maniera significativa il preesistente equilibrio economico patrimoniale tra le parti valutato dal tribunale in sede di divorzio la domanda di revoca/modifica dell’assegno potrebbe non trovare accoglimento.
Cosa accade invece se l’ex coniuge beneficiario dell’assegno sia chiamato ad accettare eredità anche cospicua e vi rinunci? Perde ugualmente in quel caso il diritto a continuare a percepire l’assegno divorzile?
La rinuncia ad eredità da parte del coniuge avente diritto all’assegno non comporta automaticamente la perdita del diritto a continuare a percepirlo in ossequio al disposto dell’art. 470 c.c. il quale sancisce il principio della libertà nella accettazione della eredità, involgendo la relativa scelta del chiamato questioni di carattere economico (spesso connesse all’esistenza di debiti in capo al defunto), ma anche aspetti di carattere personalissimo connessi alla relazione e ai rapporti che il chiamato aveva con il de cuius.