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12/01/2025La famiglia di fatto o “more uxorio” (“a modo di moglie”) è la formazione sociale (vedi l’art. 2 della Costituzione) costituita da una coppia che convive in maniera stabile senza aver contratto matrimonio, se la coppia è di individui eterosessuali, o unione civile, se omosessuali, non regolata da un contratto di convivenza tra loro.
La legge c.d. Cirinna’, l. 20 maggio 2016 n. 76, è intervenuta a prevedere e regolamentare secondo il diritto la famiglia di fatto, introducendo la possibilità di stipulare il c.d. “contratto di convivenza” per le coppie eterosessuali e ad introdurre l’unione civile per le omosessuali.
Quando si è stipulato un contratto di convivenza o ci si è uniti civilmente non si parla più di “coppia di fatto”, in quanto il diritto la regola.
In assenza di stipula del citato contratto – che costituisce un diritto, non già un dovere per le unioni fra partners – due persone di sesso diverso o dello stesso sesso possono liberamente scegliere di rimanere conviventi di fatto, e costituire una famiglia di fatto allorché siano:
– maggiorenni.
– unite tra loro in modo stabile da un legame affettivo di coppia, non importa se eterosessuale oppure omosessuale.
– unite anche da un rapporto di reciproca assistenza morale e materiale.
– unite stabilmente (ci deve essere la seria intenzione di reciprocamente sostenersi ed aiutarsi al di là della semplice attrazione e di sentimenti che possono essere passeggeri).
– prive di rapporti di parentela, affinità o adozione tra loro, (che sono rapporti affettivi diversi rispetto a quello che sta alla base di una convivenza di fatto).
– non unite fra loro da un matrimonio o da un’unione civile.
In assenza di vincoli giuridici, sia durante, sia al termine della convivenza nessuno dei due membri della coppia poteva pretendere nulla dall’altro, quale convivente o ex convivente, nemmeno nei casi di bisogno.
Con la recentissima sentenza n. 28/2025 del 2-1-2025 la Suprema Corte, proprio sul punto dei doveri assistenziali successivi alla cessazione di una convivenza di fatto ha diversamente statuito e stabilito invece che le spese sostenute per il sostegno dell’ex convivente rientrano nell’obbligazione naturale e non devono essere restituite.
Si riconosce pertanto da parte degli Ermellini, con una pronuncia che ha aperto un nuovo capitolo sul tema, un dovere morale di assistenza in caso di bisogno anche dopo la cessazione della convivenza fra i partners (nel caso specifico un figlio aveva richiesto al fratello più grande la restituzione di quanto corrisposto dalla madre per il mantenimento del padre dopo la cessazione della convivenza di fatto intercorsa tra i due).
Nel respingere la suddetta richiesta la Corte Suprema ha stabilito che esiste ancora un impegno, almeno sul piano morale, di assistenza anche dopo la fine di una relazione fra conviventi di fatto, ampliando il concetto di responsabilità, riconoscendo che le unioni di fatto seno sempre più frequenti e diffuse e che tale dovere di assistenza anche fra ex partners non uniti in matrimonio si configura come “obbligo naturale” si sensi dell’art. 2034 c.c. ove ricorrano i requisiti della proporzionalità, spontaneità ed adeguatezza della prestazione assistenziale.
Il vincolo solidaristico che prende origine dalla precedente unione more uxorio risponde al mutato contesto di valori e rispecchia la valutazione corrente nella società attuale, ove si rileva essere sempre più estesa l’affermazione di una concezione pluralistica della famiglia.