IL RECUPERO COATTIVO DELLE SPESE STRAORDINARIE SULLA BASE DEL TITOLO DI SEPARAZIONE
24/03/2025TRASCRIZIONE DELLA CASA FAMILIARE IN FAVORE DEI FIGLI MINORI
06/04/2025In sede di divorzio, quando il coniuge più “debole” sul piano economico-patrimoniale necessiti di un contributo assistenziale (c.d. assegno alimentare) e abbia contribuito alle sostanze dell’altro coniuge e/o della famiglia in maniera tale (attraverso ad es. il sacrificio delle proprie aspirazioni reddituali) da dover essere compensata a posteriori, riscontrandosi quindi anche la necessità di riportare in pareggio le condizioni, sperequate, fra marito e moglie, il Tribunale può disporre a favore del richiedente e a carico dell’altro coniuge un assegno mensile periodico (c.d. “assegno divorzile”).
Tale erogazione periodica (non invece quella “una tantum” che può anch’essa essere concordata a titolo divorzile) conferisce al beneficiario che non si sia risposato, fra gli altri, l’ulteriore diritto ad una quota della pensione di reversibilità in caso di morte dell’ex coniuge, eventualmente in concorso con coniugi superstiti ai sensi dell’art. 9 comma 2 l. 898/70.
Con l’ordinanza n. 5839 del 5-03-2025 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dei criteri di ripartizione della pensione di reversibilità del lavoratore deceduto nel caso di concorso, su tale erogazione, tra ex coniuge divorziato titolare di assegno divorzile periodico e coniuge superstite.
Tra i criteri che devono presiedere a tale ripartizione vi sono:
– la durata dei rispettivi matrimoni e delle rispettive eventuali convivenze prematrimoniali;
– le condizioni economiche dei due concorrenti;
– elementi di natura solidaristica, anche correlati alla continuazione del sostegno all’ex coniuge dopo la morte del lavoratore.
Il quantum del trattamento di reversibilità dovuto a ciascuno dei concorrenti deve essere accertato e valutato in concreto tenendo conto delle esigenze di entrambi gli aventi diritto, con la specifica che l’entità dell’assegno divorzile percepito dall’ex non costituisce un limite alla misura dell’erogazione, ma deve comunque essere considerato, anche se secondariamente all’elemento della durata del matrimonio che rimane quello preponderante.
“In tema di determinazione della quota di pensione di reversibilità all’ex coniuge divorziato ai sensi dell’art. 9 comma 3 l. n. 898/70 la quota spettante a quest’ultimo non deve necessariamente corrispondere all’importo dell’assegno divorzile, né tale quota di pensione ha in detto importo un tetto massimo non superabile, ma in conformità all’interpretazione costituzionalmente orientata dell’istituto” (sent. n. 419/1999 Corte Cost. ”tra gli elementi da valutare, senza alcun automatismo, deve essere compresa anche l’entità dell’assegno divorzile, in modo tale che l’attribuzione corrisponda alla finalità solidaristica propria dell’istituto, correlata alla perdita del sostegno economico apportato in vita dal lavoratore deceduto a tutti gli aventi diritto”.
In applicazione di tale principio di diritto la Suprema Corte ha cassato una pronuncia con cui i giudici di merito, in rigida applicazione del criterio della durata dei rispettivi matrimoni e precedenti convivenze dei concorrenti e in spregio ai principi di equità che regolano l’istituto di natura solidaristica, viste le condizioni economiche comprovate nella fattispecie dai singoli soggetti potenzialmente beneficiari, avevano attribuito all’ex coniuge divorziato un assegno divorzile del tutto sproporzionato ed eccessivo rispetto al contributo mensile periodico a tale titolo percepito in vita, senza alcuna considerazione del suo quantum tra gli elementi della decisione.