IL PIGNORAMENTO DELLA CASA FAMILIARE
16/05/2025Gli ex conviventi possono concordare fra loro, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, se genitori a titolo esemplificativo l’affidamento della prole e le modalità di frequentazione di quest’ultima da parte loro. Ciò costituisce il contenuto essenziale dell’eventuale ricorso al Tribunale ex art. 316 et 337 bis ss. c.c. per la regolamentazione delle condizioni economiche e patrimoniali della prole al cessare della convivenza.
Gli ex partners possono stipulare anche negozi eventuali ed autonomi, che non riguardino obblighi ex lege o finalità di mantenimento dirette alla prole, assoggettati alla disciplina propria dei negozi giuridici e il giudice adito ai sensi degli articoli precedenti non può, se inseriti in ricorso, modificarne o revocarne il contenuto, che può solo essere modificato o revocato di comune accordo dalle parti stesse.
La pronuncia della Corte di Cassazione n. 1324 del 20 gennaio 2025 ha stabilito che ai negozi eventuali fra ex conviventi è applicabile la normativa generale sui contratti.
La fattispecie esaminata dagli Ermellini verteva sull’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da una madre, cui era stato ingiunto di corrispondere una ingente somma all’ex partner, padre di suo figlio, a fronte di una scrittura privata redatta inter partes “a transazione”, con finalità di regolamentazione delle condizioni relative alla prole comune al cessare della convivenza.
Con tale transazione la madre si era impegnata a vendere l’immobile in di lei proprietà e a restituire parte del ricavato nella misura pattuita all’ex convivente per compensare le di lui elargizioni alla loro famiglia con quelle relative alla sua precedente convivenza con altra donna, generativa di altro figlio.
Il Tribunale aveva accolto l’opposizione della donna, ma la Corte d’Appello aveva riformato la decisione. La Corte di Cassazione, in linea con il giudice del gravame, ha chiarito che riguardo agli accordi che regolano i reciproci rapporti dei conviventi ai sensi dell’art. 1372 c.c. il Giudice che interpreti il contenuto del ricorso consensuale proposto dai genitori è chiamato a indagare la comune intenzione delle parti accertando se si tratti di patti essenziali o eventuali regolati in base all’autonomia negoziale delle parti, facendo uso, per distinguere gli uni dagli altri, dei canoni interpretativi ex artt. 1362 e ss. c.c. a partire dal senso letterale delle parole adoperate.
Anche la soluzione dei contrasti interpretativi tra una pattuizione “a latere” ed il contenuto del ricorso ex artt. 316 et 337 bis ss. c.c. spetta al giudice di merito ordinario il quale dovrà applicare alla prima la normativa contrattuale, impugnabile secondo le regole ordinarie, in virtù della sua natura estranea all’oggetto essenziale del giudizio.
“Alla luce del disposto dell’art. 337 ter comma 4 c.c., anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell’autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un’omologazione o controllo giudiziale preventivo; tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l’adempimento di un obbligo giudiziale “ex lege”, l’autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell’effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all’interesse morale e materiale della prole” (Cass. Civ. n. 663/2022).
La clausola che obbligava la madre a versare all’ex convivente l’ingente somma pattuita doveva, secondo i giudici, essere letta nel suo insieme con l’impegno al deposito del ricorso ex art. 316 c.c. e dal suo significato letterale emergeva il condizionamento rispetto agli obblighi di mantenimento, laddove inadempiuti.
Si è quindi ritenuto che la donna, nell’ambito della regolamentazione con l’ex mantenimento del mantenimento del figlio (scopo) sulla sostanziale sistemazione dei profili patrimoniali (sempre in favore del figlio), abbia riconosciuto un debito, disancorato dall’assunzione dell’obbligo ex lege, nonostante nell’atto complessivo si sia spiegata la causa concreta del riconoscimento consistente nell’equiparazione dei diritti delle due famiglie dell’uomo.