LA LIQUIDAZIONE DEL MANTENIMENTO AL CONIUGE SEPARATO
23/05/2025ASSEGNO DIVORZILE: DESUMIBILE IL CONTRIBUTO ALLA FORMAZIONE DEL PATRIMONIO COMUNE
05/06/2025Quando la violazione del dovere di fedeltà di un coniuge nei confronti dell’altro cagioni a quest’ultimo, quali conseguenze immediate e dirette di tale condotta, un danno di rilievo costituzionale (diritto alla salute, alla riservatezza, alla reputazione e dignità personale ecc.) può riconoscersi al coniuge offeso il diritto al risarcimento del danno patito.
E ciò a prescindere dal fatto che, se il coniuge infedele ha determinato con la propria infedeltà la fine del legame coniugale, l’altro coniuge possa chiedere al Tribunale che la separazione venga pronunciata con addebito della colpa per la fine dell’unione al coniuge fedifrago, secondo il disposto dell’art. 151 II comma c.c. poiché in violazione delle prescrizioni dell’art. 143 assunte con il matrimonio, tra cui anche il dovere di reciproca fedeltà.
Il coniuge a cui la separazione venga addebitata perde di conseguenza il diritto al proprio mantenimento e i diritti successori dall’altro coniuge.
La prova dell’adulterio è un onere a carico del coniuge che domanda l’addebito.
Ma se il tradimento – per le sue modalità o per il turbamento che provoca nell’altro – violi anche diritti di quest’ultimo tutelati costituzionalmente può far nascere l’ulteriore obbligo di risarcire i danni patiti al coniuge tradito anche in un diverso ed autonomo giudizio rispetto a quello di separazione.
In tale separato giudizio si dovrà richiedere accertarsi il diritto e pronunciarsi condanna al risarcimento del danno a carico di colui o colei che ha perpetrato l’infedeltà con modalità lesive tali da causare nell’altro coniuge che l’ha subita un danno ulteriore che, superando la soglia della normale tollerabilità, si sia tradotto in una concreta lesione dei citati valori costituzionali.
Per fare esempi concreti, se l’infedeltà si consumi in un contesto comune in cui anche l’altro coniuge sia inserito come quello lavorativo oppure coinvolga soggetti legati da vincolo di parentela o di amicizia con il coniuge o sia esibita mediante pubblicazioni sui social-media che espongano l’altro membro della coppia al pubblico ludibrio.
O anche se l’infedeltà sia stata consumata in momenti di particolare fragilità del coniuge (post gravidanza, una malattia o un lutto) e si sia riverberata negativamente sulla salute psico-fisica dell’altro coniuge.
In una recente sentenza del gennaio 2025, la n. 201/2025, il tribunale di Treviso ha ritenuto che la violazione dei doveri matrimoniali possa dar luogo a responsabilità aquiliana quando abbia leso diritti fondamentali dell’individuo costituzionalmente garantiti, ribadendo sul punto l’orientamento consolidato della Suprema Corte (Cass. Civ. n. 26383/2020).
E‘ stato accertato il nesso causale tra la condotta dannosa del marito e il pregiudizio alla reputazione e all’equilibrio psico-emotivo della moglie.
Quanto alla liquidazione del danno, ha precisato il tribunale di merito che esso vada liquidato equitativamente ex art. 1226 c.c. (nella fattispecie in euro 10.000,00), tenendosi conto anche della specifica capacità reattiva dimostrata dalla donna che si era poi ricostruita una nuova vita sul piano personale e professionale, specificando – in ordine al quantum – che “il parametro risarcitorio non può certamente essere quello della lesione del vincolo parentale … né pare pertinente il riferimento al danno da diffamazione” con conseguente mancata applicazione in via analogica delle tabelle del Tribunale di Milano.
L‘evoluzione del diritto di famiglia, nel senso della valorizzazione della persona anche nelle dinamiche patologiche del rapporto, ha fatto con tale pronuncia un altro significativo passo avanti.