LA DIVISIONE FRA GLI EX CONIUGI DEI BENI IMMOBILI IN COMUNIONE
28/09/2025DIRITTO DEL MINORE POST-AFFIDO A MANTENERE RAPPORTI CON LA FAMIGLIA AFFIDATARIA
03/10/2025La Corte di Cassazione ribadisce l’incidenza, nella valutazione in ordine alla necessità di aumentare o meno l’assegno di mantenimento per la prole minore, del fatto – notorio – che all’aumento dell’età della stessa crescano in proporzione anche le sue esigenze e che quindi anche la misura dell’assegno debba essere, correlativamente, accresciuta.
L’altro parametro di riferimento per una tale valutazione del quantum dell’assegno è costituito dal tenore di vita goduto dai figli durante il matrimonio.
Con la pronuncia n. 25534 del 17 settembre 2025, confermando un principio già da tempo consolidatosi, la Suprema Corte ha rigettato la richiesta di un padre diretta a cristallizzare il contributo per il mantenimento dei figli posto a di lui carico e stabilito in sede separativa dal tribunale, e lo ha fatto conferendo valore alla circostanza, notoria, pertanto non necessitante di prova, bensì già di per sé fondata in base a presunzione, che i figli nel frattempo fossero cresciuti e avessero aumentato i loro bisogni, nonché – nella fattispecie – conferendo rilievo a sé stante anche all’esigua misura di euro 200,00 per ciascun figlio cui il padre era stato condannato in primo grado a contribuire a tale titolo.
Il suddetto genitore obbligato, opponendosi all’aumento, aveva dedotto sue problematiche con il fisco ed aveva lamentato che i Giudici di merito non avessero tenuto in considerazione il suo sopravvenuto indebitamento e pertanto le sue condizioni economiche fossero nelle more peggiorate, e aveva eccepito che la madre collocataria invece nulla avesse provato riguardo alla modifica delle proprie condizioni economiche attuali rispetto a quelle dell’epoca della separazione, né che la prole avesse concretamente accresciuto le proprie esigenze.
Tuttavia gli Ermellini, confermando la decisione della Corte distrettuale, hanno ritenuto che il peggioramento delle condizioni economiche paterne per successivo indebitamento fosse da riconnettersi alla responsabilità del medesimo, inadempiente agli adempimenti fiscali cui era tenuto, piuttosto che a circostanze esterne e rilevato che l’accresciuta età dei figli legittimava la revisione in aumento a prescindere dalla prova del mutamento delle condizioni economiche del genitore beneficiario dell’assegno a tale titolo e della necessità per quest’ultimo di comprovare in concreto i maggiori bisogni della prole, che costituiscono fatto notorio correlato all’aumento dell’età della stessa.
Nella motivazione la Corte si è soffermata sul fatto che, al di là della fornita prova del successivo indebitamento, non fosse stata rilevata a carico del padre una qualche incapacità lavorativa dovuta a patologie che lo rendessero inabile al lavoro e che questi fosse pertanto in grado di sopperire in proprio, con le proprie risorse personali, alla sopravvenuta nuova peggiorata condizione economica e potesse quindi, a seguito di valutazione effettuata in concreto, mantenere la propria prole anche nella nuova misura stabilita dal giudice del gravame.
Gli Ermellini hanno altresì posto l’accento sul fatto che la misura di 200,00 euro a figlio stabilita originariamente dal tribunale rappresentasse la soglia minima necessaria, dalla quale, correttamente, in secondo grado la Corte territoriale si era discostata in aumento, anche solo considerando la nuova età adolescenziale dei ragazzi, e prescindendo dalla concreta prova da parte dei genitori dei mutamenti intervenuti nelle loro condizioni economiche.


 
         
         
        