IL DIRITTO AL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI AUTOSUFFICIENTI NON RISORGE
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21/07/2024La Corte di Cassazione si pronuncia nella sentenza n. 18843 del 10-7-2024 sugli accordi economici fra ex coniugi siglati nell’ambito della loro autonomia privata che dispongano oltre quanto pattuito/disposto in sede di divorzio, cioè su tutte le pattuizioni che i coniugi stipulano a causa della separazione o del divorzio senza che il loro contenuto venga trasfuso nella relativa sentenza.
La fattispecie riguarda un giudizio di revisione degli accordi economici avviato dal marito a seguito della nuova convivenza iniziata dalla ex moglie beneficiaria di assegno divorzile.
La nuova convivenza dell’ex beneficiario, infatti, consente all’ex, obbligato a corrispondere l’assegno di ottenere la modifica delle condizioni e, previo accertamento, di farlo cessare/ridurre.
La nuova convivenza che venga intrapresa dal/la beneficiario/a non comporta di per sé, automaticamente, la perdita/ riduzione dell’assegno di divorzio da parte del soggetto debole (come stabilito a Sezione Unite dalla Cassazione nella sentenza n. 32198 del 5 novembre 2021) in quanto dei presupposti compensativo, perequativo ed assistenziale previsti da Sezioni Unite n. 18287/2018 verrebbe eventualmente meno, in conseguenza di tale convivenza ove provata, unicamente quella assistenziale, ma non quella compensativa, né quella perequativa.
In caso di richiesta di revisione dell’assegno divorzile per il motivo citato, il Giudice è chiamato a verificare se ed in che misura le circostanze sopravvenute provate dalle parti abbiano alterato gli equilibri esistenti, l’assetto patrimoniale preso in considerazione nella pronuncia di divorzio ed adeguare solo in tal caso economicamente il contributo dovuto all’ex coniuge alla sua nuova situazione patrimoniale e reddituale oppure eliminare l’obbligo ad una tale contribuzione.
Nel caso concreto, tuttavia, oltre alla richiesta modifica per la nuova convivenza avviata dall’ex moglie il ricorrente aveva dedotto in merito e chiamato la Corte a pronunciarsi sul valore degli accordi economici privati con la medesima stipulati a latere del divorzio.
Su quest’ultimo punto la Corte Suprema nella sentenza n 18843/2024 ha chiarito che pur non potendo il giudicante direttamente intervenire sull’accordo economico privato stipulato tra le parti è comunque chiamato a tenerne conto ai fini della valutazione delle condizioni patrimoniali delle stesse.
Nel caso concreto con una scrittura privata contestuale al divorzio avviato dai coniugi con ricorso congiunto l’ex marito si impegnava a versare alla moglie un’integrazione all’assegno mensile ivi concordato.
Successivamente tuttavia, quando è intervenuta la stabile convivenza dell’ex moglie con il nuovo compagno, egli ha adito l’Autorità Giudiziaria per ottenere la revisione di entrambe le statuizioni, pubblica e privata.
Nella motivazione la Corte si è soffermata sul concetto di accordi estranei all’oggetto del procedimento seppure aventi causa nella crisi matrimoniale impugnabili secondo le regole ordinarie, ma non rivedibili in sé nei giudizi di modifica delle condizioni di separazione o divorzio. Ci si riferisce ad esempio ai trasferimenti immobiliari, alle transazioni ecc. che sono senz’altro validi, ma costituendo un contratto a sé ex art. 1321 c.c. si sottraggono ad una valutazione del giudice in sede di revisione “salvo che per la loro considerazione ai fini della determinazione delle condizioni economiche delle parti”.
Mentre secondo gli Ermellini una considerazione del tutto particolare meritano le pattuizioni che “sebbene contenute in un patto aggiunto e contestuale all’accordo di divorzio congiunto siano, tuttavia, strettamente connesse a questo per volontà delle parti e non abbiano ad oggetto diritti indisponibili o in contrasto con norme inderogabili” come nel caso concreto esaminato, dove le parti avevano espressamente qualificato il patto privato aggiuntivo “ad integrazione del contributo al mantenimento”, facendolo così rientrare a pieno titolo nell’oggetto del giudizio divorzile “in quanto espressamente diretto ad integrare l’assegno di divorzio” per cui “esso deve poter rilevare ai fini della revisione e di esso il giudice della famiglia deve tenere conto”.
Tale accordo redatto dalle parti nella loro autonomia privata non viene direttamente modificato dal giudice, “ma la quantificazione del nuovo assegno divorzile spettante all’ex moglie oramai nella sua sola componente compensativa, per effetto della nuova stabile convivenza, deve essere operata tenendo conto di quanto complessivamente l’ex è obbligato a versare sulla base dei provvedimenti contenuti nella sentenza di divorzio (che recepivano l’accordo tra le parti) e degli obblighi assunti nell’accordo contestuale a latere di carattere integrativo”.
La permanenza o meno dell’assegno ex art. 5 l. 898/70 in relazione alla componente perequativo-compensativa deve essere accertata e liquidata, quindi, anche tenendo conto della pattuizione privata contestuale agli accordi di divorzio espressamente integrativa dell’assegno divorzile.