IL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI
30/01/2024E’ POSSIBILE PROPORRE DOMANDA DI SEPARAZIONE E ANCHE DI DIVORZIO CON LA STESSA CAUSA DOPO LA RIFORMA CARTABIA
13/02/2024Se la convivenza nella coppia matrimoniale diviene intollerabile per colpa di uno dei due coniugi, l’altro può chiedere al Tribunale che la separazione venga pronunciata con addebito, cioè con imputazione della responsabilità al coniuge infedele per aver determinato la fine del legame coniugale ai sensi dell’art. 151 c.c. II comma.
I motivi di addebito della separazione sono riconnessi alla violazione delle prescrizioni degli artt. 143 e 147 c.c., cioè dei doveri assunti dai coniugi con il matrimonio (fedeltà, coabitazione, reciproco rispetto, assistenza morale e materiale, mantenimento, educazione ed istruzione dei figli).
Ma quando il motivo invocato per richiedere l’addebito sia costituito dall’infedeltà coniugale di uno dei due verso l’altro, che caratteristiche deve avere quest’ultima per costituire una causa di addebito ? Che conseguenze ha l’addebito e come si prova in concreto in una causa giudiziale? Entro quali limiti la prova dell’infedeltà è ammessa in giudizio pur in violazione delle norme sulla privacy?
L’adulterio, per essere causa di addebito, deve avere efficacia causale della fine dell’unione matrimoniale, ossia costituire la causa esclusiva della determinazione assunta dal coniuge di separarsi. Il medesimo adulterio, viceversa, non costituisce causa di addebito se si inserisce in un già conclamato contesto di disgregazione della coppia matrimoniale. Se ad esempio i coniugi litigano da anni, hanno già intrapreso terapie di coppia, le infedeltà sono reciproche e tollerate dall’uno e dall’altro ecc. non si può sostenere che l’adulterio commesso dall’uno e scoperto dall’altro sia stata l’esclusiva condotta che abbia incrinato l’affezione tra i coniugi e abbia determinato l’intenzione di separarsi in chi l’ha subita.
Normalmente la pronuncia di addebito non ha conseguenze sul piano economico. Tuttavia, se l’adulterio sia consumato in un contesto pubblico oppure divulgato con modalità che ledano onore e reputazione dell’altro coniuge può in via eccezionale essere sancito che il coniuge offeso abbia diritto ad un assegno a titolo di risarcimento del danno patito.
Il coniuge a cui la separazione venga addebitata perde di conseguenza il diritto al proprio mantenimento e i diritti successori dall’altro coniuge.
La prova dell’adulterio, il cui onere è a carico di chi domanda l’addebito, può essere fornita in giudizio attraverso la produzione di chat estrapolata dal telefono del coniuge infedele? Oppure tale condotta può essere perseguita penalmente per la violazione delle norme che tutelano la privacy?
La Cassazione con pronuncia del 12 maggio 2023 n. 13121 si è espressa nel senso di ritenere legittimo l’utilizzo delle foto di conversazioni su whatsapp quale elemento di prova nel caso in cui siano utilizzate dal coniuge esclusivamente per far valere il proprio diritto del ricorrente nel giudizio di separazione.
Ha richiamato a fondamento l’art. 24, comma 2 della Costituzione (“la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento)” e l’art. 51 c.p., (“l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità”) e ha concluso che il consenso al trattamento dei dati personali non è richiesto quando è necessario ai fini dello svolgimento di investigazioni difensive, di cui alla Legge 397 del 7 dicembre 2000, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria.
L’orientamento assunto dalla suprema corte sposa le nuove regolamentazioni emanate dall’Autorità Garante in tema di trattamento dei dati per ragioni di esercizio del diritto di difesa in giudizio (cfr. le regole deontologiche relative ai trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria v. D. Lgs del 10 agosto 2018 n. 101 e delibera n. 512/2018).
Sul piano del diritto sostanziale, mail e chat (prodotte nel giudizio di separazione in formato pdf non modificabile, in quanto sull’inefficacia delle trascrizioni di sms in formato “word” esistono già pronunce di merito v. Tribunale di Milano, Sez. Lavoro, 06.06.2017) appartengono all’ambito delle riproduzioni meccaniche e sono parificate alle riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, alle registrazioni fonografiche e ad ogni altra rappresentazione meccanica di cui all’art. 2712 c.c. e formano piena prova dei fatti e delle cose ivi rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità.
Sul piano procedurale, esse entrano di pieno diritto quali elementi valutabili dal Giudice ai fini della formazione del proprio consenso, anche se disconosciute, cioè anche se viene posto in dubbio la loro conformità alla realtà concreta: “ove contestazione vi sia stata, la riproduzione, pur perdendo il suo pieno valore probatorio, conserva tuttavia il minor valore di un semplice elemento di prova, che può essere integrato da ulteriori elementi” (v. sentenza Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 9884/2005).
Vale a dire che mentre un documento, una scrittura privata, una volta disconosciutane la firma, perde definitivamente il proprio valore in causa a meno che, attraverso il giudizio di verificazione della sottoscrizione apposta, quest’ultima non sia riscontrata come ascrivibile all’apparente sottoscrittore, le mail e le chat, anche ove sia posto in dubbio dal coniuge infedele che il loro contenuto sia fedele riproduzione dell’originale, residuano comunque come elementi indiziari e possono fondare il convincimento del Giudice, che conserva la facoltà di accertare la loro rispondenza all’originale attraverso gli altri elementi di prova forniti in causa (per esempio presunzioni o deposizioni testimoniali).
Il limite alla legittima utilizzazione e produzione in giudizio di foto di chat mail e sms a fini di prova dell’addebito è costituito, come sopra visto, dal loro utilizzo esclusivo al fine di fare valere il proprio legittimo diritto in causa di ottenere che la responsabilità per la fine dell’unione coniugale sia imputata in via esclusiva al coniuge adultero.