L’ADOZIONE DI PERSONA MAGGIORENNE
10/11/2023SEPARAZIONE E DIVORZIO POST-CARTABIA: DIFFERENZA TRA PROVVEDIMENTI INDIFFERIBILI E PROVVEDIMENTI TEMPORANEI ED URGENTI
10/12/2023I recenti fatti di cronaca rivelano una crescita esponenziale dei femminicidi e della violenza di genere.
Le situazioni in cui si verificano all’interno della famiglia abusi e prevaricazioni si verificano purtroppo frequentemente e hanno reso necessaria una maggior tutela del coniuge più debole e dei minori anche attraverso il ricorso alle domande, divenute sempre più frequenti, di ordini di protezione.
L’ordine di protezione si sostanzia nel provvedimento con cui il giudice, in sede civilistica, ordina al coniuge o convivente la cessazione di una condotta che arrechi un grave pregiudizio attuale all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente o dei figli, fino a disporre l’allontanamento dalla casa famigliare dell’abusante.
Anche questo istituto introdotto dalla l. 154/01 è stato oggetto di modifiche da parte della riforma Cartabia (D. lgs. 49/22 che si applica ai procedimenti avviati dall’1 marzo 2023) che ha previsto i nuovi artt. 473 bis n. 69-71 c.p.c. e, sotto la specifica denominazione “della violenza domestica e di genere”, gli artt. 473 bis n. 40-46 c.p.c.
Gli ordini di protezione sono esclusi dal rito unificato di famiglia.
La domanda, che può essere presentata anche dalla parte personalmente, senza avvocato, va rivolta al tribunale del luogo di residenza o domicilio del ricorrente.
La finalità è quella di assicurare protezione alle vittime evitando l’aggravamento dei danni in essere o prevenendone l’insorgenza di ulteriori e riducendo il rischio che la condotta abusiva possa essere reiterata.
La misura può essere richiesta oltre che dal coniuge o convivente abusato anche da persona diversa dalla vittima (ad es. dal genitore a tutela dei minori) e, se in pregiudizio di questi ultimi e anche nei casi in cui siano costretti ad assistere agli abusi nei confronti di un genitore c.d. “violenza assistita”, ora anche dal Pubblico Ministero. In tale ultimo caso è competente il Tribunale per i minorenni.
E’ possibile richiedere ed ottenere la misura anche nei casi in cui il convivente non coabiti con una convivenza stabile e anche quando la convivenza sia cessata.
La violenza non deve necessariamente essere ripetuta, è sufficiente anche un singolo episodio ad integrarla e può essere anche economica, operata facendo mancare i mezzi di sussistenza di cui si ha la disponibilità.
Il Giudice ha ampi poteri istruttori nell’adozione delle misure, il cui contenuto non è tipizzato ma deve essere ispirato al criterio della proporzionalità tra l’offesa che si dice ricevuta e la misura adottata.
Tra le misure possibili vi è l’inibitoria, consistente nell’ordine di cessare la condotta o di eliminarne gli effetti e l’allontanamento dalla casa famigliare, adottato a prescindere dalla titolarità di diritti di proprietà o di godimento della stessa da parte dell’abusante.
Una misura tipica è l’ordine di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla/e vittima/e, salvo l’unico caso in cui il destinatario dell’ordine debba frequentare tali luoghi per ragioni di lavoro o di salute.
E’ possibile anche disporre l’intervento dei servizi sociali e/o delle associazioni a tutela delle vittime di violenza, così come il pagamento di un assegno mensile, anche previe indagini di polizia tributaria, per coloro che per effetto dell’adozione della misura rimangano privi di mezzi adeguati di sussistenza.
Non è invece più possibile per il Giudice monocratico indirizzare le parti ad un centro di mediazione famigliare.
La durata della misura è di massimo un anno, prorogabile solo su istanza, per gravi motivi e per il tempo strettamente necessario.
La misura in casi di urgenza, cioè di pregiudizio ritenuto imminente ed irreparabile, può essere adottata anche inaudita altera parte, cioè con provvedimento dato sulla semplice richiesta debitamente documentata della parte istante, assunte ove occorrano sommarie informazioni, senza che/ prima che la controparte possa intervenire a contraddirvi (art. 473 bis n. 73 III comma).
Il provvedimento andrà poi confermato/modificato/revocato in all’udienza, da fissarsi entro i 15 giorni successivi alla sua adozione.
Il procedimento si conclude con decreto motivato immediatamente esecutivo, che specifica contenuto, durata e modalità di attuazione della misura.
In caso di rigetto la domanda è reiterabile solo riguardo ad accadimenti nuovi, esclusi quelli già considerati dal primo giudice ed è reclamabile davanti al collegio dello stesso Tribunale di cui non potrà far parte il Giudice che lo ha emesso. La proposizione del reclamo non sospende l’esecutività della misura adottata.