L’ACQUISIZIONE DELLO STATUS DI FIGLIO
02/03/2025COLLOCAMENTO DEI MINORI IN CASA FAMIGLIA
16/03/2025Quando due coniugi si separano, in espressione del dovere solidaristico che connota l’istituto, il “coniuge debole”- cioè quello dei due, che comparate le rispettive sostanze economico-patrimoniali delle parti, risulta avere meno risorse rispetto all’altro, che ne è maggiormente dotato – ha il diritto a mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Considerate previamente nella quantificazione le spese che il coniuge obbligato andrà ad affrontare per causa della cessazione della convivenza matrimoniale, il coniuge economicamente debole – quello che “non ha adeguati redditi propri”- avrà il diritto a percepire dal primo un assegno ai sensi dell’art. 156 c.c.
Il provvedimento di assegnazione dell’immobile adibito a casa coniugale, inoltre, pur non essendo stato previsto dal legislatore a favore del coniuge, bensì a favore della prole minore o non ancora economicamente autosufficiente, avvantaggia il coniuge che verrà individuato come più idoneo a svolgere la funzione genitoriale che ivi permane ad abitare, il quale ne ricava un valore economico correlativamente privandone l’altro, valore che sarà tenuto in considerazione nella determinazione dell’entità del suo assegno di mantenimento.
Ma quali presupposti devono sussistere per il riconoscimento di tale assegno e quale è l’onere probatorio a carico del soggetto che lo richiede?
Innanzi tutto non ha diritto di percepire l’assegno ex art. 156 c.c. il coniuge, ancorché “debole”, a cui venga addebitata la separazione.
Occorrerà poi che il beneficiario dell’assegno dia prova di una serie di elementi ulteriori rispetto allo stato di disoccupazione o alla modesta entità del reddito percepito rispetto a quello dell’altro, elementi che qui si indicano a titolo esemplificativo, come la condivisione delle scelte e delle circostanze che avevano determinato la disparità economica tra le parti, la durata del matrimonio, la sussistenza della sua capacità lavorativa, la sua età all’epoca della separazione, l’assenza di rifiuto di occasioni di lavoro e la prova positiva di averlo cercato.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3354/2025 del 10-2-2025 è ritornata sul tema ed ha ribadito che “in tema di separazione personale dei coniugi l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche”.
Ha aggiunto inoltre che “grava sul richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacità di lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un’occupazione lavorativa retribuita confacente alle proprie attitudini professionali, poiché il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri, previsto dall’art. 156 c.c., pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non può estendersi fino a comprendere ciò che, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo”.