Il genitore che resti a vivere con il figlio minore nell’abitazione familiare dove quest’ultimo è cresciuto e ne ottenga la collocazione presso di sé, ha diritto, di norma e se giuridicamente possibile, ad ottenere anche l’assegnazione a sé di tale immobile nell’interesse della prole a permanervi.
“Il godimento della casa familiare è stabilito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli” secondo il primo comma dell’art. 337 sexies c.c., anche se il destinatario del provvedimento di assegnazione sia, di regola, un genitore, quello dei due ritenuto più idoneo ad averli collocati presso di sé.
Se via sia l’accordo fra le parti in tal senso, o, in caso contrario, se il giudice valuti la rispondenza di tali provvedimenti all’interesse della prole e così decida, i genitori sono tenuti a dare attuazione successiva a quanto concordato o deciso.
Ma cosa succede se, in difetto di tale accordo fra i genitori o prima che il giudice adotti provvedimenti sulla residenza familiare nella quale il minore continuerà a vivere dopo la cessazione della convivenza, uno dei due si trasferisca a vivere altrove mutando la propria residenza e quella del figlio minore portandolo con sé?
L’art. 316 c.c. al secondo comma sancisce che “i genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore” nell’esercizio della loro responsabilità genitoriale che va esercitata anch’essa di comune accordo.
Ove tale accordo difetti quindi il trasferimento altrove di uno dei genitori con il minore è illecitamente perpetrato prima che un Giudice valuti la rispondenza dello stesso all’interesse del figlio, il quale di norma ha maturato, dalla nascita o negli anni in cui ivi è cresciuto, un legame con la casa ove i genitori hanno convissuto e con il contesto di affetti ivi presente (presenza eventuale di altri membri della famiglia di origine dei genitori, di animali da compagnia ecc.).
Il genitore che permane nella casa familiare dovrà quindi far valere in via urgente il proprio disaccordo e domandare la tutela del diritto del figlio a non essere sradicato dal proprio contesto davanti all’autorità giudiziaria prima che possa dirsi consolidato il legame con il nuovo ambiente verso il quale sia stato attuato tale trasferimento, deducendo che il trasferimento dell’altro abbia effetti duraturi almeno negli intenti, cioè quelli di far sì che la nuova dimora diventi il nuovo centro stabile degli affetti del minore.
Il genitore che ha deciso unilateralmente ed attuato il trasferimento del minore ha l’onere della prova di avere ricevuto il consenso del genitore che è rimasto nella residenza della famiglia a proprio carico, in special modo se ancora non pende alcun procedimento di separazione o cessazione della convivenza tra le parti.
Il Giudice, se ritiene il trasferimento illecito, in quanto senza il previo consenso dell’altro genitore e la previa autorizzazione del tribunale, oltre che contrario agli interessi del minore, potrà conseguentemente :
– ordinare il rientro del minore presso la casa familiare
– ammonire o sanzionare con un’ammenda il genitore che ha commesso l’illecito
– condannarlo al risarcimento del danno
– prendere provvedimenti in tema di affidamento più penalizzanti rispetto al normale condiviso
– nei casi più gravi, specie in caso di sottrazione internazionale di minore, sospendere l’esercizio della potestà genitoriale.
Sul punto un importante approfondimento si trova nella pronuncia 27 aprile 2022 n. 13176 della Corte di Cassazione Civile la quale sancisce che in assenza di separazione è illecito il trasferimento del minore deciso solo dalla madre, posto che i figli sono in tal caso ancora affidati ad entrambi i genitori.