ASSEGNO MENSILE ORDINARIO ALL’ALTRO CONIUGE PER I FIGLI O LORO MANTENIMENTO DIRETTO: QUANDO?
27/12/2023DIVORZIO: REVOCA DELL’ASSEGNO PRECEDENTEMENTE CONCESSO ALL’EX CONIUGE CHE SOSTENGA SPESE VOLUTTUARIE
31/12/2023Ai fini della quantificazione dell’assegno da erogarsi in sede di divorzio ha rilevanza oppure no il periodo che i coniugi hanno trascorso insieme prima di convolare a nozze?
Le Sezioni Unite della Cassazione con la recente sentenza n. 5385/2023 hanno fatto chiarezza sul punto.
La Suprema Corte nell’esplicare quanto sopra ha tratto spunto dalla storica sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 18287/2018, che ha ridefinito i criteri per la determinazione dell’assegno di divorzio.
In tale pronuncia del 2018, infatti, le Sezioni Unite avevano anche evidenziato come “l’autoresponsabilità (…) deve (…) percorrere tutta la storia della vita matrimoniale e non comparire solo al momento della sua fine: dal primo momento di autoresponsabilità della coppia, quando all’inizio del matrimonio (o dell’unione civile) concordano tra loro le scelte fondamentali su come organizzarla e le principali regole che la governeranno; alle varie fasi successive, quando le scelte iniziali vengono più volte ridiscusse ed eventualmente modificate, restando l’autoresponsabilità pur sempre di coppia. Quando poi la relazione di coppia giunge alla fine, l’autoresponsabilità diventa individuale, di ciascuna delle due parti: entrambe sono tenute a procurarsi i mezzi che permettano a ciascuno di vivere in autonomia e con dignità, anche quella più debole economicamente”.
Pur dando atto che i modelli di “convivenza” e “matrimonio” hanno una diversa regolamentazione da parte dell’ordinamento giuridico per via della diversa struttura della “istituzionalità” che caratterizza il secondo e non la prima, le Sezioni Unite hanno sottolineato che sia la convivenza che il matrimonio sono comunque modelli familiari dai quali scaturiscono obblighi di solidarietà morale e materiale, anche a seguito della cessazione dell’unione istituzionale e dell’unione di fatto”.
Secondo il logico sviluppo del ragionamento fatto dalla Corte, «alla pluralità di modelli familiari consegue una molteplicità di situazioni personali conseguenti allo scioglimento del vincolo»”.
Il criterio della durata del matrimonio assume una rilevanza fondamentale, in relazione soprattutto a: “1) la valutazione del contributo che ciascun coniuge, per tutto il periodo in cui l’unione matrimoniale era ancora esistente, ha dato alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge; 2) in relazione all’età del coniuge richiedente e alla conformazione del mercato del lavoro, per considerare le effettive potenzialità professionali e reddituali valutazioni alla fine della relazione matrimoniale”.
Considerando la crescente diffusione sociale del fenomeno della convivenza e data la suddetta molteplicità di situazioni personali conseguenti alla fine della unione, sia essa istituzionale o di fatto, la Corte ha ritenuto quindi che anche la convivenza prematrimoniale, nei casi in cui, essendosi protratta negli anni, abbia «consolidato» una divisione dei ruoli domestici idonea a creare «scompensi» destinati a riverberarsi sul futuro matrimonio e sul divorzio che dovesse seguire, deve necessariamente essere considerata anche nella fase patologica del rapporto coniugale e dunque anche ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.
Nel principio di diritto enunciato con l’esaminata sentenza del 2023 le Sezioni Unite hanno quindi concluso che “nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio”.