IL CONIUGE SEPARATO NON PERDE AUTOMATICAMENTE IL MANTENIMENTO IN CASO DI NUOVA CONVIVENZA
17/06/2025Quando la connotazione di casa familiare di un bene immobile ad uso abitativo derivi da un comodato cosiddetto “familiare” il comodante non può risolvere tale contratto a causa della separazione dei coniugi se la destinazione di tale immobile ad habitat familiare non sia venuta meno.
Il bene adibito a casa familiare può infatti essere oggetto di un provvedimento di assegnazione al genitore separato preso cui è collocata la prole minore o non ancora autosufficiente.
A seguito del provvedimento di assegnazione il comodante può opporsi alla prosecuzione del rapporto contrattuale solo se dimostra un urgente bisogno personale di dovere rientrare nel possesso di tale immobile (Cass. Civ. 17332/2018).
Con la sentenza n. 17095 del 25 giugno 2025 la Corte Suprema ribadisce tale principio secondo cui la destinazione di casa coniugale non viene meno automaticamente a seguito di separazione o divorzio se il bene è ancora destinato a soddisfare le esigenze abitative di uno dei coniugi quale collocatario di figli non ancora autonomi presso quello dei genitori che risulti di conseguenza assegnatario della casa coniugale.
Poiché la crisi coniugale non cancella l’habitat domestico (ha stabilito la cassazione a sezioni unite nella sentenza n. 20448/2014 che il contratto di comodato non può considerarsi sciolto), quando questo sia oggetto di comodato finalizzato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario si verifica il presupposto contrario alla scadenza, che il comodante vorrebbe invocare, del termine del contratto a titolo gratuito.
Nella fattispecie la comodante era la suocera, il cui figlio in sede separativa era stato onerato del versamento di un contributo per la minore e di altro contributo, quale canone di locazione di altra abitazione in cui la moglie avrebbe dovuto trasferirsi con la minore, stabilendosi che qualora quest’ultimo non fosse stato versato la moglie avrebbe avuto diritto al reingresso nella casa familiare.
Quest’ultima era identificata come familiare in base al fatto che la coppia di coniugi ivi aveva convissuto per tredici anni e che era stata proprio la minore che aveva espresso il desiderio di ritornare nella porzione di casa dei nonni paterni ove i suoi avevano convissuto per tale lungo periodo.
Diversa la decisione degli Ermellini nel caso di una ex coppia di partner cui la suocera aveva lasciato in godimento a titolo di comodato la casa familiare di fronte alla circostanza dell’instaurazione da parte della assegnataria collocataria della prole di una relazione con altro partner e dell’acquisto di altro immobile.
La Corte Suprema, verificato che la madre e la figlia si recavano presso la casa familiare concessa in comodato al solo fine di non decadere dal relativo diritto ha in questo caso deciso di revocare il beneficio (Cass. Civ. n. 21785/2029).
All’art. 55 del d. lgs. n. 154/2013 è disciplinata l’assegnazione e la revoca della casa coniugale in tutti i casi di separazione, divorzio, annullamento o nullità del matrimonio e procedimenti relativi a figli di coppie non coniugate.
All’assegnazione non può procedersi in assenza di figli minorenni o maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti.
Tutta la disciplina ruota attorno all’interesse dei figli, quale che fosse il previo stato dei genitori ora non più uniti, a mantenere il medesimo habitat domestico in cui sono nati o cresciuti.
Anche i diritti dei terzi sono sacrificati di fronte a quelli della prole, siano essi, ad esempio il/i genitore/i di uno dei membri della coppia genitoriale che abbia concesso in comodato la propria casa al/la proprio/a figlio/a ove questi e la sua famiglia hanno creato l’habitat domestico oppure i creditori dell’uno o dell’altro genitore, che vorrebbero far valere il loro diritto aggredendo tale bene immobile in quanto unico bene immobile in proprietà di tale genitore.
Entrambi i diritti delle categorie di terzi di cui sopra saranno pregiudicati di fronte ad un precedente provvedimento di assegnazione della casa familiare. I primi non potranno ottenere la restituzione del bene concesso in comodato, i secondi non potranno aggredire tale bene per il soddisfacimento del loro diritto per un novennio almeno e, ove l’assegnazione sia stata precedentemente trascritta, fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica della prole (art. 337 sexies c.c.).