NUOVE REGOLE PER LA SEPARAZIONE, IL DIVORZIO E GLI ALTRI PROCEDIMENTI
24/10/2023GLI ORDINI DI PROTEZIONE
02/12/2023Quando sentiamo parlare di adozione la nostra mente corre inevitabilmente alla possibilità di adottare soggetti minori di età da parte di coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni con procedimento davanti al Tribunale per i Minorenni disciplinato nel nostro ordinamento dalla legge n. 184/1983.
Pochi sanno invece della possibilità di adottare una persona maggiore di età, prevista dal nostro codice civile agli artt. 291 e ss., attuabile ora mediante il procedimento semplificato introdotto dalla riforma Cartabia il 28-2-2023 e da promuoversi, in caso, davanti al Tribunale ordinario del luogo in cui l’adottante risiede.
Tale procedimento viene promosso, ad esempio e anche se non necessariamente, nei casi in cui si voglia adottare il figlio del proprio coniuge o convivente, quando questi sia già maggiorenne (se il figlio è ancora minorenne si parla di adozione in casi particolari di cui all’art. 44 l. n. 184/83).
L’adozione volta a costituire lo status di figlio di una persona maggiore di età è invece disciplinata dal codice civile e viene pronunciata quando il Tribunale abbia verificato che le condizioni di legge, che seguono, siano state adempiute e l’adozione convenga all’adottando (art. 312 c.c.), ossia se sia per quest’ultimo moralmente vantaggiosa ed economicamente non pregiudizievole.
Tra le condizioni di legge richieste occorre che l’adottante sia maggiore di almeno 18 anni di età rispetto all’adottando, in modo che dal punto di vista anagrafico il rapporto adottivo risulti analogo a quello che interviene nei casi di filiazione naturale.
E’ poi richiesto dall’art. 296 c.c. il consenso dell’adottante (colui che richiede di adottare), dell’adottando (beneficiario, capace di agire, del provvedimento di adozione), entrambi chiamati a comparire personalmente a manifestare il loro consenso.
Occorre inoltre secondo l’art. 297 c.c. l’assenso manifestato dei genitori dell’adottando, se ancora in vita, e dei rispettivi eventuali coniugi. Quando l’assenso di essi sia negato ingiustificatamente il Tribunale può pronunciare comunque l’adozione, se ritenuta favorevole al beneficiario.
La domanda deve essere corredata di tutti i certificati anagrafici e di stato civile in corso di validità di durata semestrale delle parti consenzienti e assenzienti. Una particolare menzione merita la necessità di produzione dell’atto integrale di nascita dell’adottando ritenendosi insufficiente il mero estratto riassunto.
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 557/1988 l’adozione è ora possibile anche per l’adottante che abbia eventuali figli maggiorenni, i quali consentano ad essa.
L’adozione è possibile anche se questi ultimi siano interdetti e non possano esprimere assenso, per applicazione analogica dell’art. 297 c.c. che prevede che l’adozione possa essere pronunciata anche se l’assenso è impossibile per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad assentire (Corte Cost. sentenza n. 345/92).
Se invece l’adottante abbia figli minori oppure maggiorenni capaci, ma che non siano ad essa consenzienti, l’adozione non potrà essere pronunciata (Corte Cost. sentenza n. 245/2004).
Diverse sono le finalità dell’adozione di maggiorenne, se le si guarda dalla parte dell’adottante o da quella dell’adottato.
L’istituto mira a garantire una discendenza all’adottante che ne sia privo o la cui prole maggiorenne a ciò nulla opponga. All’adottante per effetto dell’adozione non viene invece attribuito alcun diritto di successione (art. 304 c.c.).
Consente inoltre all’adottando, che pur mantiene tutti i doveri nei confronti della famiglia di origine, di acquisire lo status di figlio con ogni conseguenza immediata sul piano personale, patrimoniale, e, con effetti che decorrono dalla morte dell’adottante, anche successorio.
Alcun vincolo o rapporto è indotto, invece, dall’adozione tra i parenti dell’adottante e quelli dell’adottato.
L’adozione risulta revocabile solo per indegnità (artt. 305 e 306 c.c.), ad esempio quando tra le parti consenzienti l’una attenti alla vita o commetta altri delitti punibili con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo ai tre anni ai danni dell’altra o del suo coniuge o dei suoi parenti.
Con la sentenza di adozione l’adottato antepone per legge il cognome dell’adottante al proprio (art. 299 c.c.).
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 135/2023) a tutela del diritto all’identità personale dell’adottato che si sia sempre riconosciuto fino a quel momento con il proprio cognome è possibile domandare e legittimamente ottenere dal Giudice che disponga che il cognome dell’adottante venga postergato, anziché anteposto, al cognome originario, come già alcuni tribunali avevano disposto (Trib. Roma 27-2-19, Trib. Torino 27-5-22).
Una rara e isolata pronuncia di merito ha addirittura concesso che il cognome non fosse aggiunto, né prima, né dopo il cognome originario, giustificando tale deroga alle norme codicistiche per evitare disparità di trattamento con gli altri figli maggiorenni dell’adottante, ritenendo il doppio cognome in quel caso specifico pregiudizievole per l’adottato (Trib. Verbania sent. n. 8/2022).
La sentenza di adozione, una volta pronunciata, è trascritta sull’omonimo registro e viene comunicata all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato.