IL RISARCIMENTO DEL DANNO ENDO-FAMILIARE DOPO IL CORRETTIVO CARTABIA
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20/07/2025E’ possibile adottare una persona maggiorenne secondo il nostro codice civile (art. 191 ss.), promuovendosi il relativo procedimento avanti il Tribunale ordinario del luogo in cui l’adottante risiede.
Scorrendo la relativa casistica, il procedimento per l’adozione di maggiore di età viene più sovente promosso nel caso si voglia adottare il figlio del proprio coniuge o convivente, quando questi sia già maggiorenne.
Una recente sentenza di merito del Tribunale di Benevento, la n. 190/2025 ha riconosciuto l’ammissibilità della adozione di persona maggiorenne anche nell’ambito delle unioni civili fra persone dello stesso sesso, fondandosi su un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 291 c.c. e valorizzando i principi di effettività e tutela dei diritti affettivi e familiari introdotti dalla legge n. 76/2016 (c.d. legge “Cirinnà), oltre che conformandosi agli obblighi di tutela dei legami familiari sanciti dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Il Tribunale campano ha affermato che, stante l’assenza di un’esplicita preclusione normativa, è da ritenersi ammissibile, ove sussista una comprovata affectio familiaris e una lunga convivenza, l’adozione di persona maggiorenne anche all’interno di un’unione civile omosessuale.
L’adozione è volta a costituire lo status di figlio di persona maggiore di età e viene pronunciata quando il Tribunale abbia verificato che le condizioni di legge, che seguono, siano state adempiute e l’adozione sia per l’adottando (art. 312 c.c.) moralmente vantaggiosa ed economicamente non pregiudizievole.
Tra le condizioni di legge richieste, almeno formalmente occorre che l’adottante sia maggiore di almeno 18 anni di età rispetto all’adottando, in modo che dal punto di vista anagrafico il rapporto adottivo risulti analogo a quello che interviene nei casi di filiazione naturale, ma la giurisprudenza costante, tra cui anche il Tribunale di Benevento sopra citato, da tempo non applica in maniera tanto rigorosa tale requisito.
E’ richiesto il consenso dell’adottante (colui che richiede di adottare), dell’adottando (beneficiario, capace di agire, del provvedimento di adozione), tutti chiamati a comparire e a manifestare il loro consenso (art. 296 c.c.).
Occorre poi l’assenso manifestato dei genitori dell’adottando, se ancora in vita, e dei rispettivi eventuali coniugi (art. 297 c.c.). Quando l’assenso di essi sia negato ingiustificatamente il Tribunale può pronunciare comunque l’adozione, se ritenuta favorevole al beneficiario.
A seguito degli interventi della Corte Costituzionale l’adozione è ora possibile anche per l’adottante che abbia eventuali figli maggiorenni, i quali vi consentano (sentenza n. 557/1988) e anche se questi ultimi siano interdetti e non possano esprimere assenso, per applicazione analogica dell’art. 297 c.c. che prevede che l’adozione possa essere pronunciata anche se l’assenso è impossibile per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad assentire (Corte Cost. sentenza n. 345/92).
Se invece l’adottante abbia figli minori oppure maggiorenni capaci, ma che non siano ad essa consenzienti, l’adozione non potrà essere pronunciata (Corte Cost. sentenza n. 245/2004).
L’istituto mira a garantire una discendenza all’adottante che ne sia privo o la cui prole maggiorenne a ciò nulla opponga. All’adottante per effetto dell’adozione non viene invece attribuito alcun diritto di successione (art. 304 c.c.).
Consente all’adottando, che pur mantiene tutti i doveri nei confronti della famiglia di origine, di acquisire lo status di figlio con ogni conseguenza immediata sul piano personale, patrimoniale, e, con effetti, anche quello successorio, che decorrono dalla morte dell’adottante.
Alcun vincolo o rapporto è creato dall’adozione tra i parenti dell’adottante e quelli dell’adottato.
L’adozione risulta revocabile solo per indegnità (artt. 305 e 306 c.c.).
Con la sentenza di adozione l’adottato antepone per legge il cognome dell’adottante al proprio (art. 299 c.c.).
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 135/2023) a tutela del diritto all’identità personale dell’adottato che si sia sempre riconosciuto fino a quel momento con il proprio cognome è possibile domandare e legittimamente ottenere dal Giudice che disponga che il cognome dell’adottante venga postergato, anziché anteposto, al cognome originario.