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08/02/2025MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI: L’ISTANZA AVANZATA DAL FIGLIO
23/02/2025Il codice civile agli artt. 291 e ss. prevede e disciplina la possibilità di adottare persone maggiori di età, tramite ricorso al tribunale ordinario del luogo in cui l’adottante risiede. A tal fine si procede tramite il rito semplificato introdotto agli artt. 473-bis ss. c.p.c. dalla legge di riforma “Cartabia” il 28-2-2023
Solo per fare un esempio si può ricorrere all’adozione di persona di maggiore età quando si voglia adottare il figlio maggiorenne del proprio coniuge o convivente.
Di recente la Suprema Corte si è occupata di un caso in cui apparentemente difettava una storia personale ed un contesto familiare comuni fra adottante (un’anziana signora) e adottato (un ragazzo cui ella si rapportava alla stregua di un nipote) cosicché i giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano respinto il ricorso della novantenne.
La Corte Suprema invece, con pronuncia n. 26984 del 19-11-2024, ha cassato con rinvio alla Corte d’Appello competente il ricorso proposto in sede di legittimità sia dall’adottante che dall’adottando, rilevando – a sostegno della propria decisione – come per procedere a tale adozione basti il consenso ad essa prestato sia dall’adottante che dall’adottato, richiamando i presupposti necessari e sufficienti per la sua applicazione già indicati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 89/1993.
Sulla scia di tale precedente sentenza la Corte Costituzionale, con la più recente pronuncia n. 5/2024 aveva ribadito la non necessità di ulteriori requisiti rispetto a quelli sopra indicati, inquadrando anche sociologicamente l’istituto in oggetto e definendolo come “strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali”.
Il Giudice di merito, lungi dal godere di ampia discrezionalità nel l’applicazione dell’istituto, determinato dal consenso di adottante ed adottando, ha invece il limitato potere di valutare se l’adozione “convenga all’adottando” (art. 312 c.c.), cioè se sia per lui moralmente vantaggiosa ed economicamente non pregiudizievole, e nulla più, prescindendo dal fatto che poi nel caso di specie la Corte Suprema abbia ritenuto sussistere anche un reale ed effettivo rapporto affettivo e di accudimento fra il giovane e l’anziana signora.
Occorreva ex lege che l’adottante fosse maggiore di almeno 18 anni di età rispetto all’adottando, ma la Corte Costituzionale nella pronuncia n. 5/2024 del 18-1-2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 291 c.c. “nella parte in cui”… “non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l’intervallo di età di diciotto anni fra adottante e adottando”.
La ratio della previsione di una differenza di età di tal fatta risiede nell’intento che vi sia dal punto di vista anagrafico un’analogia tra il rapporto adottivo e quello che interviene nei casi di filiazione naturale.
Sia l’adottante (colui che richiede di adottare), sia l’adottando (beneficiario, capace di agire, del provvedimento di adozione), sono entrambi chiamati a comparire personalmente a manifestare il loro consenso.
Deve esservi l’assenso manifestato dei genitori dell’adottando, se ancora in vita, e dei rispettivi eventuali coniugi (art. 297 c.c.), tuttavia se l’assenso di essi sia negato ingiustificatamente il Tribunale può pronunciare l’adozione comunque, se la ritenga favorevole all’adottando.
Dopo la sentenza n. 557/1988 della Corte Costituzionale l’adozione è ora possibile anche per l’adottante che abbia eventuali figli maggiorenni, ad essa consenzienti.
L’adozione è possibile anche se questi ultimi siano interdetti e non possano esprimere assenso, per applicazione analogica dell’art. 297 c.c. che prevede che l’adozione possa essere pronunciata anche se l’assenso è impossibile per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad assentire (Corte Cost. sentenza n. 345/92).
Se invece l’adottante abbia figli minori oppure maggiorenni capaci, ma che non siano ad essa consenzienti, l’adozione non potrà essere pronunciata (Corte Cost. sentenza n. 245/2004).
L’istituto mira a garantire una discendenza all’adottante che ne sia privo o la cui prole maggiorenne a ciò nulla opponga. All’adottante per effetto dell’adozione non viene invece attribuito alcun diritto di successione (art. 304 c.c.).
L’istituto consente all’adottando, che pur mantiene tutti i doveri nei confronti della famiglia di origine, di acquisire lo status di figlio con ogni conseguenza immediata sul piano personale, patrimoniale, e, con effetti che decorrono dalla morte dell’adottante, anche successorio.
Alcun vincolo o rapporto è indotto, invece, dall’adozione tra i parenti dell’adottante e quelli dell’adottato.
L’adozione risulta revocabile per indegnità (artt. 305 e 306 c.c.).
Con la sentenza di adozione l’adottato antepone per legge il cognome dell’adottante al proprio (art. 299 c.c.).
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 135/2023) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 299 c.c. nella parte in cui non consente di aggiungere con la sentenza di adozione il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiorenne, se entrambi consenzienti, a tutela del diritto all’identità personale dell’adottato che si sia sempre riconosciuto fino a quel momento con il proprio cognome è possibile domandare e legittimamente ottenere dal Giudice che disponga che il cognome dell’adottante venga posposto, anziché anteposto, al cognome originario, come statuito da alcuni giudici di merito (Trib. Roma 27-2-19, Trib. Torino 27-5-22).
La sentenza di adozione viene trascritta sull’omonimo registro e comunicata all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato.