IL COMODATO DELLA CASA FAMILIARE
03/03/2024CAUSE ED EFFETTI DELL’ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE
06/03/2024All’investigatore privato (proprio a motivo della attività esercitata, che può vantare a monte del consenso ministeriale alla raccolta di informazioni talora anche ove coperte da privacy) risulta lecito raccogliere prove pur in assenza delle garanzie del contraddittorio con il fine di fornire informazioni utilizzate dal cliente per la propria tutela e/o per l’esercizio dei propri diritti in causa.
Spesso viene commissionata al fin di fondare l’altrui infedeltà coniugale per ottenere l’addebito all’altro coniuge della separazione personale.
Ma la relazione dell’investigatore privato corredata da materiale fotografico quale valenza probatoria ha in causa? E’ utilizzabile quale prova dell’addebito della separazione?
Si sono susseguiti nel tempo diversi orientamenti della Corte di legittimità in merito alla utilizzazione in causa di scritti provenienti da terzi, talora considerati come presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., tal’altra come meri argomenti di prova.
Come tutte le prove atipiche valutabili ex art. 116 c.p.c., cioè liberamente, dal Giudice non assurgono di per sé alla dignità di prova, bensì possono costituire indizi, cioè elementi che se valutati in concorso con altri indizi o unitamente ad altri elementi di prova, possono giungere a fondare, se unitamente considerati, la prova dell’infedeltà a fini di addebito.
Un orientamento che si era consolidato nel tempo aveva stabilito che la relazione investigativa poteva assumere il valore di prova piena allorché suffragata dalla deposizione in giudizio, a conferma del suo contenuto, del medesimo investigatore che l’aveva redatta (v. sent. Cass. Civ. n. 16735/2020).
Con la sentenza n. 4038 del 14/02/2024 la Corte di Cassazione si è distaccata dal precedente orientamento che vedeva la relazione investigativa non facente prova dell’addebito in causa se non suffragata dalla deposizione dell’investigatore a conferma e ha stabilito invece che – se la relazione investigativa è liberamente valutabile ex art. 166 c.p.c. come elemento indiziario – il materiale fotografico che la correda è utilizzabile a fini decisori ex art. 2712 c.c. (“Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”).
E ciò – afferma la Corte di Cassazione nella citata sentenza n. 4038/24 – anche in presenza di disconoscimento della parte nei confronti della quale è prodotto. Ovverosia neppure il disconoscimento – ove effettuato – impedisce l’autonoma valutazione della veridicità di quanto riprodotto da detto materiale fotografico da parte del Giudice, mediante il ricorso ad altri elementi probatori.
Il disconoscimento delle fotografie – precisa la Corte – non ha infatti il medesimo effetto del disconoscimento della scrittura privata ex art. 215 secondo comma c.p.c., a seguito del quale è esclusa l’utilizzabilità della scrittura in giudizio.
A seguito del disconoscimento delle fotografie queste ultime non fanno prova in giudizio, ma al giudice non è preclusa la possibilità di utilizzare altri elementi indiziari, quali ad esempio le presunzioni, e/o altri mezzi di prova al fine di accertare la loro conformità all’originale.