LA CONSULTA ESTENDE IL CONGEDO DI PATERNITA’ ALLA LAVORATRICE MADRE INTENZIONALE
11/08/2025I DIRITTI DEL GENITORE SOCCOMBONO DAVANTI ALLA PREMINENTE TUTELA DEL MINORE
31/08/2025In una recente pronuncia che non si esita a definire storica poiché ribalta un orientamento sinora fermo e consolidato che ha sempre definito tali convenzioni nulle per illiceità della causa, la Corte di Cassazione apre la strada agli accordi economici tra le parti in vista di futuri separazione e divorzio, definendo tali patti come contratti atipici diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico in espressione dell’autonomia negoziale dei consorti ex art. 1322 c.c.
La vicenda, che aveva preso avvio da una pronunciamento positivo dei giudici di merito chiamati a vagliare la liceità di un accordo in cui i coniugi si impegnavano a determinate reciproche elargizioni in caso di fallimento del loro matrimonio, vedeva con la pronuncia n. 20415 del 14 luglio 2025 la conferma anche in sede di legittimità di quanto statuito nel merito da parte della Suprema Corte, che rinveniva in tale ultimo evento indicato come futuro e incerto dalle parti, la fine dell’unione, una condizione sospensiva al verificarsi della quale quanto previamente pattuito inter partes aveva acquisito piena validità ed efficacia fra i coniugi.
La ratio della pattuizione risiedeva, secondo i giudici di terzo grado, nel riequilibrio delle rispettive posizioni che i coniugi avevano deciso di assicurarsi reciprocamente nell’eventualità del verificarsi di quell’evento, a prescindere dai diritto/dovere reciproco di assistenza morale e materiale durante il matrimonio, con il quale nulla aveva a che fare.
La rottura dell’unione non integrava pertanto causa genetica di tali accordi, bensì mero evento condizionale di essi.
L’autonomia negoziale dei coniugi si estende anche alla sfera personale, incontrando comunque quale limite il rispetto dell’indisponibilità dei diritti personali della vita familiare quali l’affidamento dei figli e il diritto di frequentazione degli stessi, sottoposti al vaglio necessario dell’Autorità Giudiziaria.
Più genericamente, la Corte Suprema già si era pronunciata sulla piena validità degli accordi “a latere” diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela, non costituenti oggetto specifico, nella fattispecie, del giudizio di divorzio: al termine di in un giudizio di revisione degli accordi economici avviato dal marito a seguito della nuova convivenza iniziata dalla ex moglie beneficiaria di assegno divorzile, infatti, gii Ermellini avevano statuito riguardo agli accordi economici fra ex coniugi siglati nell’ambito della loro autonomia privata che disponessero oltre rispetto a quanto pattuito/disposto in sede di divorzio, cioè su tutte le pattuizioni che i coniugi stipulano fra loro per il caso di divorzio senza che il loro contenuto sia trasfuso nella relativa sentenza.
Nel caso concreto, oltre alla richiesta modifica per la nuova convivenza avviata dall’ex moglie, il ricorrente aveva dedotto in merito e chiamato la Corte a pronunciarsi sul valore degli accordi economici privati con la medesima stipulati a latere del divorzio.
Su quest’ultimo punto la Corte Suprema nella pronuncia n. 18843/2024 del 10-7-2024 ha chiarito che pur non potendo il giudicante direttamente intervenire sull’accordo economico privato stipulato tra le parti, dichiarato pienamente valido ed efficace in quanto frutto dell’autonomia negoziale delle parti e diretto a realizzarne gli interessi meritevoli di tutela, è comunque chiamato a tenerne conto ai fini della valutazione delle condizioni patrimoniali delle stesse.
Nel caso concreto con una scrittura privata contestuale al divorzio avviato dai coniugi con ricorso congiunto l’ex marito si era impegnato a versare alla moglie un’integrazione all’assegno mensile ivi concordato; poi, quando è intervenuta la stabile convivenza dell’ex moglie con il nuovo compagno, egli ha adito l’Autorità Giudiziaria per ottenere la revisione di entrambe le statuizioni, pubblica e privata.
In una parte della motivazione della pronuncia gli Ermellini avevano rilevato che una considerazione del tutto particolare meritavano le pattuizioni che “sebbene contenute in un patto aggiunto e contestuale all’accordo di divorzio congiunto siano, tuttavia, strettamente connesse a questo per volontà delle parti e non abbiano ad oggetto diritti indisponibili o in contrasto con norme inderogabili” come nel caso concreto esaminato, dove le parti avevano espressamente qualificato il patto privato aggiuntivo “ad integrazione del contributo al mantenimento”, facendolo così rientrare a pieno titolo nell’oggetto del giudizio divorzile “in quanto espressamente diretto ad integrare l’assegno di divorzio” per cui “esso deve poter rilevare ai fini della revisione e di esso il giudice della famiglia deve tenere conto”.
Tale accordo redatto dalle parti nella loro autonomia privata non può venire direttamente modificato dal giudice, “ma la quantificazione del nuovo assegno divorzile spettante all’ex moglie deve essere operata tenendo conto di quanto complessivamente l’ex è obbligato a versare sulla base dei provvedimenti contenuti nella sentenza di divorzio (che recepivano l’accordo tra le parti) e degli obblighi assunti nell’accordo contestuale a latere di carattere integrativo”.
Entrambe le pronunce esaminate si inseriscono in un moderno trend di progressiva crescente valorizzazione dell’autonomia privata anche nella crisi familiare e degli interessi dei singoli componenti della coppia a scapito della preminenza di un interesse superiore e trascendente dell’istituzione familiare.