LA SORTE DELLA CASA FAMILIARE DOPO L’AUTOSUFFICIENZA DEI FIGLI
30/07/2025LA CONSULTA ESTENDE IL CONGEDO DI PATERNITA’ ALLA LAVORATRICE MADRE INTENZIONALE
11/08/2025L’assegnazione della casa familiare in sede di separazione personale e/o divorzio è il provvedimento che attribuisce un diritto personale di godimento esclusivo dell’immobile che ha costituito il centro degli affetti familiari al genitore che rimanga a vivere all’interno dello stesso con la prole, nell’interesse preminente della stessa (“Il godimento della casa familiare è stabilito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli” recita il primo comma dell’art. 337 sexies c.c.).
Ma cosa succede se dopo tale assegnazione il genitore, che sia anche comproprietario della casa assegnata all’altro, se ne allontana e si disinteressa totalmente di tale immobile per tanti anni, mentre l’assegnatario ne usufruisce per tutto quel tempo alla stregua di un proprietario esclusivo?
La Corte d’Appello di Firenze nella sentenza n. 1443 del 30-7-2025 ha statuito che il coniuge che è rimasto a vivere nella casa familiare ne era divenuto l’unico proprietario per usucapione, anche se tale immobile era in comproprietà, in virtù del possesso ininterrotto per vent’anni.
Questa è stata l’amara scoperta della moglie di un uomo, che ha domandato ed ottenuto di diventare proprietario esclusivo dell’immobile coniugale assegnatogli, e la cui consorte, secondo i Giudici del gravame fiorentino, ha perso la propria quota di proprietà della propria casa familiare, non per una vendita, bensì per il mero trascorrere del tempo, rilevato e sancito da un provvedimento giudiziale.
L’usucapione (art. 1158 c.c.) è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario che si fonda sul possesso continuato di un bene per un lungo periodo di tempo (20 anni per gli immobili). In termini pratici, se il non proprietario/l’altro comproprietario possessore del bene si comporta come se fosse l’unico vero proprietario, senza che a ciò il legittimo titolare/contitolare si opponga, il possessore attuale ne diventa legalmente integralmente titolare.
Quando si tratti di comproprietà, non è sufficiente a tal fine l’uso del bene, ma occorre un ulteriore passo, occorre usarlo non come contitolare di esso, bensì come se se ne fosse il solo proprietario. Si devono cioè porre in essere atti specifici che manifestino in modo inequivocabile la propria volontà di escludere l’altro titolare dal possesso del bene.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello toscana ha rilevato una serie di circostanze di fatto che deponevano in tal senso:
– L’abbandono dell’immobile nel senso di allontanamento fisico della moglie che aveva lasciato la casa nella totale disponibilità del marito da dopo la separazione, seguita anche dal divorzio;
– L’uso esclusivo ed inconciliabile con la possibilità di godimento della contitolare. Il marito aveva assunto tutte le decisioni inerenti l’immobile, ne aveva pagato tutte le spese, agendo come se la moglie non ne fosse più comproprietaria. Addirittura si era risposato, presumibilmente ivi abitando con la nuova famiglia.
– L’accordo economico. Esisteva fra le parti un atto con il quale a fronte di una somma di denaro la moglie rinunciava al godimento dei beni. Non si trattava di trasferimento di proprietà, ma è stato interpretato dai Giudici di merito come disinteresse muliebre riguardo ai propri beni comuni, lasciati volontariamente con la sua sottoscrizione di tale atto nella sfera di disponibilità esclusiva del marito.
Questi elementi di fatto hanno convinto i Giudici che, dopo la separazione, ad un certo momento, il possesso della casa coniugale da parte del marito avesse cambiato natura, trasformandosi da “uti condominus” ad “uti dominus” (c.d. interversione del possesso).
La sentenza fiorentina serva pertanto da monito: se l’allontanamento del coniuge assegnatario si protrae per vent’anni senza che questi compia alcun atto teso a riaffermare il proprio diritto di proprietà dello stesso (ad es. sostenerne le spese straordinarie, richiedere il pagamento di un’indennità di occupazione, domandarne una divisione giudiziale ecc.) si creano i presupposti affinché l’altro comproprietario possa usucapire la sua quota.
I due fondamenti dell’usucapione sono il possesso esclusivo prolungato dell’uno e l’inerzia per pari tempo dell’altro. Per interrompere il decorso dei vent’anni necessari ad usucapire occorre una vera e propria azione, non è sufficiente a tal fine una diffida, tramite messa in mora.
E’ importante pertanto in sede separativa o divorzile non lasciare in sospeso le questioni economiche tra i coniugi e curare di risolvere e sciogliere altresì i sodalizi patrimoniali sorti con la creazione del legame affettivo in corso di dissoluzione.