CONTRADDIZIONI DELLA CASSAZIONE SULLA CASA FAMILIARE
27/11/2025NESSUN RIMBORSO ALL’EX PER LE MIGLIORIE ALLA CASA CONIUGALE
07/12/2025La Corte di Giustizia ha di recente statuito in merito al diritto dei cittadini degli Stati membri, i quali, nell’esercizio del loro diritto di libera circolazione all’interno degli Stati UE abbiano validamente contratto un matrimonio anche quando si tratti di unione fra persone dello stesso sesso – a vederselo riconosciuto sul territorio di altro Stato comunitario, il cui il diritto interno non contempli la possibilità di analoga celebrazione fra individui omosessuali.
La pronuncia in oggetto CGUE del 25-11-2025, nello specifico a definizione della causa C713/23, ha stabilito tale principio, quale presidio a tutela della libertà di circolazione e dei diritti familiari dei cittadini dell’Unione europea.
Esaminati gli artt. 20 e 21 TFUE posti a garanzia della libertà di circolazione e soggiorno e l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che sancisce il rispetto della vita privata e familiare, la Corte ha in sintesi affermato che una volta che il diritto alla libera circolazione sia stato esercitato e lo status familiare sia stato acquisito legittimamente in altro Stato, detto status deve seguire il cittadino in tutto il territorio dell’Unione.
La motivazione della pronuncia si incentra sugli ostacoli alla libertà di circolazione, sulle limitazioni dei diritti di accompagnamento e residenza al “coniuge” con ricaduta su diritti essenziali per questi (politiche sociali, fiscalità, successioni ecc.) e sull’incertezza giuridica che deriverebbe dal sancire altrimenti.
La Corte di giustizia ha specificato che dalla pronuncia in esame non scaturisce alcun obbligo impositivo di adozione di modifiche di diritto interno da parte dello Stato che non preveda i matrimoni same-sex nel proprio diritto nazionale, bensì solo un obbligo pragmatico, funzionale a garantire la trascrizione del matrimonio e il godimento da parte della coppia dei diritti che derivano ai suoi membri, e quindi alla famiglia, dalla cittadinanza UE, rimuovendo gli ostacoli interni di ordine concreto, amministrativo o legale, che ciò impediscono.
Pertanto nelle effettive modalità di riconoscimento interno dell’unione celebrata in altro Stato UE lo stato nazionale può adottare discrezionalmente la normativa che crede, purché un tale riconoscimento non sia reso eccessivamente difficile o impossibile e purché lo stesso non risulti discriminatorio quando sia da operarsi nei confronti di individui dello stesso sesso che abbiano formato la coppia matrimoniale in diverso Stato transfrontaliero il cui diritto interno lo reputi legittimo.

