AFFIDAMENTO SUPER-ESCLUSIVO: NECESSARIO UN COMPROVATO PREGIUDIZIO AL MINORE
09/10/2025SULLA LEGITTIMA BREVITA’ DEI TERMINI ISTRUTTORI PER IL RICORRENTE NEL RITO DELLA FAMIGLIA
20/10/2025Il danno endo-familiare, quando si concreti in un pregiudizio oltre la soglia della normale tollerabilità per la prole, è il danno conseguenza immediata e diretta della violazione dei doveri scaturenti dalla procreazione e conseguenti alla genitorialità.
Il danno conseguenza risarcibile può essere o un danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. di rilievo costituzionale (diritto alla salute, alla riservatezza, alla reputazione e dignità personale ecc.) o un pregiudizio di natura morale e/o esistenziale.
Il figlio che ne sia parte offesa ha pieno diritto al risarcimento del danno patito per il/i fatto/i illecito/i costituito dalle condotte omissive genitoriali.
Quanto alla procedura per ottenere una tale tutela, non con l’entrata in vigore della legge Cartabia il 28-2-23, bensì con il suo correttivo (d.lgs. n. 164/2024 del 31-10-2024), si è esteso il rito speciale introdotto l’anno precedente da tale legge con gli artt. 473-bis s.s. c.p.c. anche alle domande di risarcimento del danno patito nell’ambito familiare, domande che prima di tale modifica legislativa dovevano essere proposte in separato ed autonomo giudizio, per non essere dichiarate inammissibili in rito dai giudici di merito in materia di famiglia, posto che queste ultime erano trattate con rito speciale, mentre le cause di risarcimento del danno anche endo-familiare sottostavano al rito ordinario.
Si ha danno offensivo della prole quando il comportamento lesivo di essa sia posto in essere svolgendo il ruolo di genitore e sia stato di inosservanza degli obblighi derivanti da tale status, con conseguente violazione dei doveri di riconoscimento e/o mantenimento, educazione ed istruzione della prole oppure nei casi ancor più gravi di di manifestazione di un totale disinteresse nei confronti del figlio o di violenza, o diretta nei suoi confronti o c.d. assistita, cioè, perpetrata da un genitore in danno dell’altro genitore in presenza della prole.
Con la pronuncia n. 24719/2025 del 9 settembre 2025 la Corte di legittimità ha stabilito che la consapevole sottrazione del genitore ai propri doveri integra un danno non patrimoniale nei confronti del figlio, il quale può essere determinato nella sua misura prendendo come riferimento, e salve le opportune correzioni, il danno da perdita parentale.
La Corte con tale ordinanza ha accolto il ricorso di una madre avverso un padre che aveva riconosciuto tardivamente e solo a seguito di azione giudiziaria il figlio, cassando la pronuncia della Corte d’Appello che, così come prima il Tribunale, aveva riconosciuto il diritto al mantenimento ordinario e straordinario del figlio, ma rigettato la domanda risarcitoria da illecito endo-familiare proposta dalla genitrice.
Il rigetto dei giudici di merito era intervenuto per assunta mancanza di prova invece, secondo la difesa della madre, da ritenersi presunta, e anche tabellarmente quantificata.
La madre aveva lamentato la lesione di diritti costituzionalmente protetti (diritto alla bigenitorialità) oltre che internazionalmente riconosciuti (Art. 24 CEDU e e convenzione di New York del 1989).
Secondo gli Ermellini, che hanno accolto il ricorso e la posizione materna, la lesione da perdita della bigenitorialità costituisce un fatto notorio, dal quale necessariamente scaturisce una significativa modificazione della vita del figlio e delle sue concrete possibilità di sviluppo e realizzazione personale, sociale e professionale, figlio che, è lapalissiano, abbia scelte ed opportunità diverse davanti a sé rispetto a chi viene invece tempestivamente riconosciuto, cresciuto, educato e mantenuto da entrambi i genitori.
Pertanto il consapevole disinteresse dimostrato dal padre per lunghi anni ha determinato, altrettanto notoriamente, un pregiudizio conseguente ed ineliminabile, con violazione altresì degli artt. 2 e 30 Costituzione.
Sul quantum, “i parametri adottati nel distretto” di riferimento “per la perdita parentale costituiscono indici da assumere in via meramente analogica e con l’applicazione di correttivi che ne giustifichino l’applicazione in via meramente equitativa”.
Pertanto tali parametri di riferimento sono stati assunti dal Giudice del terzo grado di giudizio, nella fattispecie, in via analogica e nella soglia minima, nemmeno attualizzata al momento della decisione.
Con tale pronuncia la Corte Suprema ha sancito il principio di diritto secondo cui “il principio che richiede anche per il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. la necessità di debita allegazione e prova del danno ad opera del danneggiato anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici ex artt. 2727-2729 c.c. va bilanciata con il fatto che la perdita della bigenitorialità realizzata attraverso la consapevole sottrazione ai doveri” di genitore “di prestare assistenza morale e materiale al figlio costituisca di per sé un fatto noto, dal quale poter desumere un’alterazione della vita del figlio, che comporta scelte ed opportunità diverse da quelle altrimenti compiute.”.

