VIETATA LA PUBBLICAZIONE DI FOTO DEI MINORI SUI SOCIAL MEDIA SENZA IL CONSENSO DELL’ALTRO GENITORE
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14/02/2025Quando all’interno dei processi di separazione e divorzio siano prodotte in giudizio dai coniugi fotografie estrapolate dalle chat presenti sui rispettivi dispositivi mobili di telefonia cellulare, quale valore assumono tali riproduzioni sul piano probatorio? Fanno prova piena dei fatti?
E inoltre, se disconosciuti, è esclusa la loro utilizzazione ai fini del convincimento del Giudice oppure degradano a meri indizi o presunzioni semplici che in aggiunta ad altri elementi probatori possono concorrere a fondarlo?
La materia è regolata dall’art. 2712 c.c. (“Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”).
La Corte di Cassazione anche nella recente sentenza 18-1-2025 n. 1254 ha stabilito che “i messaggi whatsapp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e dunque possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una chat di whatsapp mediante copia dei relativi screenshot, tenuto conto della provenienza e attendibilità degli stessi”.
Le riproduzioni fanno piena prova ai sensi dell’art. 2712 c.c. “se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosca la conformità ai fatti e alle cose medesime”.
Ai fini del loro disconoscimento non sono sufficienti argomentazioni generiche, ma occorre effettuare tale disconoscimento in modo “chiaro, circostanziato ed esplicito”, cioè deve essere specificamente dedotta una “non rispondenza alla realtà riprodotta nei messaggi della realtà fattuale” tramite “circostanze idonee” a negare, appunto, tale rispondenza, con conseguente effetto di degradazione a quel punto dell’elemento probatorio pieno ad elemento presuntivo semplice.
In quanto, afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4038/24, neppure il disconoscimento – ove effettuato – impedisce l’autonoma valutazione della veridicità di quanto riprodotto da detto materiale fotografico da parte del Giudice, mediante il ricorso ad altri elementi probatori.
Il disconoscimento delle fotografie – precisa la Corte – non ha infatti il medesimo effetto del disconoscimento della scrittura privata ex art. 215 secondo comma c.p.c., a seguito del quale è esclusa l’utilizzabilità della scrittura in giudizio.
A seguito del disconoscimento delle fotografie queste ultime non fanno piena prova in giudizio, ma al giudice non è preclusa la possibilità di utilizzare altri elementi indiziari, quali ad esempio le presunzioni, e/o altri mezzi di prova al fine di accertare la rispondenza della realtà riprodotta dalle medesime alla realtà fattuale.