I DIRITTI DEL CONIUGE IN CASO DI SEPARAZIONE PERSONALE
15/04/2024I DIRITTI DEL CONIUGE SEPARATO SULLA CASA CONIUGALE IN CASO DI DECESSO DELL’ALTRO CONIUGE
21/04/2024Tra i provvedimenti personali riguardanti la prole in caso di separazione, divorzio o cessazione della convivenza fra partners costituenti famiglia di fatto vi è quello inerente la sua collocazione o il suo collocamento.
Si tratta della scelta in ordine alla residenza abituale dei/l figli/o a seguito della cessazione della convivenza, che può essere presa di comune accordo tra i genitori oppure, in mancanza di accordo, assunta dal giudice.
I figli (di 12 anni o anche meno se ritenuti capaci di discernere) prima devono essere sentiti in merito e dai 14 anni possono anche esprimere la loro volontà sul punto, ove le richieste dei genitori inerenti la loro collocazione confliggano tra loro e il Giudice debba emettere la decisione accogliendo l’una piuttosto che l’altra.
In caso di figli più piccoli invece il Tribunale emetterà la propria decisione di collocarli presso la madre o presso il padre nella residenza ex familiare, a seguito di valutazione riguardo a quale genitore appaia più idoneo a svolgere tale funzione, eventualmente previo approfondimento a mezzo di ausiliari all’uopo incaricati (consulenti o servizi sociali).
Il genitore che verrà individuato più idoneo ad occuparsi, almeno in via prevalente, della prole sarà conseguentemente il genitore prescelto come collocatario di quest’ultima.
La norma che regola il collocamento è l’art. 337-ter c.c., la quale sancisce, dopo “la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori”, che ”le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al Giudice”.
Gli effetti della decisione in ordine al collocamento dei figli si riverberano su altre due importanti decisioni che, in sede di disgregazione, i genitori in accordo fra loro oppure il Tribunale assumeranno:
1) L’assegnazione della casa familiare, che è quella al cui interno si svolge la vita della famiglia: è il provvedimento con cui ll giudice assegna al genitore collocatario tale casa ai sensi dell’art. 337 sexies c.c.: “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.
Essa spetta al genitore presso cui la prole, almeno in via prevalente, risulta collocata e che permane all’interno di essa; è costituita dal diritto di godere di tale immobile in via esclusiva, privandone l’altro genitore, fino alla maggiore età ed autosufficienza economica della prole convivente.
2) Il diritto a percepire il mantenimento ordinario e straordinario della prole dall’altro genitore non collocatario in base al disposto dell’art. 315 bis c.c., il quale sancisce che “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”.
“Il criterio fondamentale a cui il Giudice deve attenersi nell’adozione dei provvedimenti riguardanti i figli minori è rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale impone di privilegiare, tra più soluzioni eventualmente possibili, quella che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore” (v. sentenza Corte di Cass. 18817/2015).
La sentenza indicata riguardava la legittimità del cambio di collocamento di un minore dalla residenza del padre presso cui era stato collocato, verso la residenza della madre addirittura residente in altra città, allorché la nuova compagna di quest’ultimo si trovava ad attendere un nuovo figlio da lui.
La supposta perdita di centralità nelle attenzioni paterne è stata ritenuta pregiudizievole dell’interesse del primo figlio. perché si è valutato che la nascita del fratellastro avrebbe potuto compromettere la sana crescita ed integrazione del bambino nella nuova famiglia del genitore collocatario, e ciò ha fatto sì che il suo collocamento fosse conseguentemente modificato ed avvenisse presso la madre, la quale non si era formata una nuova famiglia e avrebbe quindi potuto dedicargli quelle attenzioni e restituirgli quella centralità che il nuovo nato avrebbe invece potuto sottrargli presso il padre.
Il principio della bigenitorialità previsto dalla l. 54/2006 – diritto dei figli minori di crescere e vivere insieme ad entrambi i genitori – ha legittimato il c.d. collocamento paritario o paritetico, ossia quello che si verifica allorquando il padre e la madre si alternano a fianco del/i figli/o per un tempo equamente condiviso il più possibile vicino al 50% ciascuno.
Quando ciò si verifica e vi è un’organizzazione in tal senso le parti in accordo fra loro possono prevedere anche un doppio domicilio dei figli presso le residenze dei due genitori e il cosiddetto mantenimento diretto, ossia il sistema che non prevede alcuna erogazione di un assegno mensile periodico anticipato, bensì che ciascuno eroghi sostegno direttamente i figli quando sono presso di lui, senza corresponsioni in denaro dall’un genitore all’altro.
Il mantenimento diretto non è tuttavia una conseguenza automatica del collocamento paritario o paritetico, ma una scelta, infatti sia gli ex coniugi che il giudice possono optare, anche nel caso di collocamento paritetico, per il mantenimento indiretto, tramite assegno dell’uno all’altro, specie quando vi sia una forte sperequazione economico-patrimoniale tra le parti.