REDDITI NON DICHIARATI E ASSEGNO DI MANTENIMENTO
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08/05/2024Una volta che sia stato riconosciuto, l’assegno di divorzio quanto “dura”? Quali sono le cause di sua cessazione? Quali i presupposti affinché se ne possa chiedere la revisione e dismissione?
Secondo quanto previsto dall’art. 5 l. n. 898/70 e successive modificazioni l’assegno riconosciuto all’ex coniuge cessa naturalmente in caso di: morte di uno degli ex coniugi; prescrizione del relativo diritto (ordinariamente i diritti riconosciuti in una sentenza si prescrivono se non agiti entro 10 anni); nuove nozze del beneficiario; venir meno dei presupposti che erano stati alla base della sua concessione.
In tale ultimo caso – affinché ciò possa essere positivamente verificato dall’Autorità giudiziaria e giustifichi una revisione delle condizioni precedenti sancite nella sentenza di divorzio – occorre esperire un’azione in Tribunale tramite un ricorso ex art. 473 bis.29 c.p.c., il quale ha – dal 28-2-2023 per effetto della c.d. l. di riforma “Cartabia”, sostituito quello precedentemente previsto ai sensi dell’art. 9 l. 898/70 come sostituito dall’art. 13 l. n. 74/1987 e che, altrettanto, poteva essere promosso in via congiunta, cioè in accordo tra le parti. oppure unilateralmente da una parte contro l’altra.
La revisione può essere diretta a modificare la misura dell’importo dell’assegno già concesso, sopprimerlo oppure ottenere la corresponsione ex novo dell’assegno o in quanto precedentemente non richiesto o in quanto richiesto, ma rifiutato, e ciò sulla base delle nuove circostanze di fatto frattanto venutesi a creare dopo l’emissione della sentenza di divorzio. Presupposto della valida instaurazione del procedimento di revisione è, infatti, il passaggio in giudicato di quest’ultima..
Solo quando “sopravvengono giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio” si può richiedere ed eventualmente ottenere una modifica delle pregresse condizioni.
Il Tribunale dovrà positivamente accertare non solo una sopravvenuta modifica delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi, ma anche l’idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzatosi con il precedente provvedimento, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti.
Quanto alla soppressione dell’assegno divorzile, che qui ci occupa, il giudice può stabilire la perdita del diritto all’assegno dell’ex coniuge, per venir meno dei relativi presupposti, solo quando sia positivamente accertato che siano intervenuti dei fatti nuovi, modificativi delle sue condizioni patrimoniali, che eliminino del tutto il presupposto del suo stato di bisogno.
Quindi l’ex coniuge obbligato può chiedere tale soppressione allegando un miglioramento delle condizioni economiche dell’ex coniuge beneficiario connesso eventualmente ad un peggioramento delle proprie.
Il giudice, ai fini dell’accoglimento della domanda, non può però limitarsi a considerare isolatamente detto miglioramento attribuendo ad esso una valenza automaticamente estintiva della solidarietà post-coniugale, ma deve verificare se l’ex coniuge titolare del diritto all’assegno abbia acquistato, per effetto di quel miglioramento, la disponibilità di mezzi adeguati, ossia idonei a renderlo autonomamente capace, senza necessità di integrazioni ad opera dell’obbligato, di raggiungere un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio”.
In particolare, nel caso in cui il coniuge titolare del diritto all’assegno instauri dopo il divorzio una nuova convivenza more uxorio, la Corte di Cassazione nella recentissima sentenza n. 611/2024 ha specificato che “in assenza di un nuovo matrimonio, il diritto all’assegno di divorzio, in linea di principio, di per sé permane, nella misura stabilita dalla sentenza … anche se il suo titolare instauri una convivenza “more uxorio” con altra persona, salvo che sussistano i presupposti per la revisione dell’assegno…e cioè che sia data la prova, da parte dell’ex coniuge onerato, che tale convivenza ha determinato un mutamento “in melius” – pur se non assistito da garanzie giuridiche di stabilità, ma di fatto adeguatamente consolidato e protraentesi nel tempo – delle condizioni economiche dell’avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o quanto meno di risparmi di spesa derivantigli dalla convivenza.
Pertanto la prova relativa a carico del richiedente la dismissione dell’assegno “non può essere limitata a quella della mera instaurazione e del permanere di una convivenza “more uxorio” dell’avente diritto con altra persona, essendo detta convivenza di per sé neutra ai fini del miglioramento delle condizioni economiche del titolare, potendo essere instaurata con persona priva di redditi e patrimonio” e determinarne addirittura il peggioramento.
“L’incidenza economica di detta convivenza deve essere valutata” ulteriormente rispetto all’accertamento della sua esistenza e non atomisticamente, bensì “in relazione al complesso delle circostanze che la caratterizzano” (Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 32198/2021).
Solo se si verificherà quindi un miglioramento delle condizioni economiche del convivente di fatto beneficiario dell’assegno divorzile tali per cui egli possa considerarsi fuoriuscito – per cagione di tale nuova convivenza – dal suo stato di bisogno e non abbisognante di ulteriori aiuti economici per il prosieguo, il tribunale potrà accogliere la domanda di revisione ed eliminarne l’assegno, andando così ad incidere sul pregresso assetto economico-patrimoniale degli ex coniugi stabilito con la sentenza definitiva di divorzio e modificandolo.